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Tutti a Ch’ŏrwŏn!

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Due domeniche fa, era una bella, profumosa giornata primaverile, gli unici passeggeri della corriera diretta verso Ch’ŏrwŏn erano il sottoscritto, il giovane K.Y.W. (noto anche come il ragazzo dagli occhi protrusi) e alcune solitarie ragazzette pensierose. Sorge spontaneo chiedersi perché mai, in una così raidosa giornata, delle fanciulle nel fiore degli anni dovrebbero dirigersi verso un desolato, spoglio e decrepito paesotto del Kangwŏn-to a quattro passi dal confine con la Corea del Nord. ‘Sicuramente seguivano te e il baldo K.Y.W. (noto anche come il ragazzo dagli occhi da cerbiatto)’, avrete probabilmente pensato voi che leggete: tuttavia la risposta più ovvia, ahinoi, non sempre è quella corretta.

Il giovane K.Y.W. a bordo di un'affollata corriera

Il giovane K.Y.W. a bordo di un’affollata corriera

Da quapparte in Corea

Da quapparte in Corea

Come ho già avuto modo di notare in precedenza, Ch’ŏrwŏn è ben vicina al confine con la riottosa sorella socialista della Corea del Sud e tutta la zona che la circonda è conseguentemente (e comprensibilmente) piena zeppa di basi militari, basi militari che a loro volta sono piene zeppe di gagliardi soldati di leva che si addestrano a spezzar le reni agli empi sudditi di Kim Chŏngŭn (=Kim Jong-un)! Prima di partire per il servizio militare (che in queste terre dura ben due anni) alcuni di loro avevano trovato la fidanzatina e, tra questi, i più fortunati erano riusciti a non farsi lasciare al momento della partenza. Le nostre compagne di viaggio, lo avrete a questo punto oramai capito, sono alcune di quelle fidanzatine, donne modello che non solo sono tanto pazienti da attendere un lungo biennio prima di poter riavere indietro il loro principe azzurro (nel frattempo divenuto nella maggior parte dei casi un bestemmiatore tabagista amante dell’alcool), ma che sono anche tanto magnanime da sacrificare il loro fine settimana per andare a trovare nel nulla più assoluto suddetto principe azzurro: ad avercene, di donne così!

Una base militare abilmente mimetizzata nell'ambiente

Una base militare abilmente mimetizzata nell’ambiente

Detto questo, sorgerà spontanea un’altra domanda, vale a dire, cosa ci stavano dunque a fare su quell’autobus il buon Marco e il giovane K.Y.W. (noto anche come il ragazzo dallo sguardo che incanta)? ‘Forse andavano a trovare anche loro dei fidanzatini in servizio di leva’, avrà pensato il lettore più smaliziato, lettore che, tuttavia, mi vedo nuovamente costretto a contraddire.

Dovete sapere che, non molto distante da Ch’ŏrwŏn, sorge il Dop’iansa (倒彼岸寺), monastero buddhista ove è conservata una statua in ferro datata al 865, identificata da tutti gli storici dell’arte coreana[1] come un Vairocana in chigwon’in (智拳印, vajra mudrā in finto sanscrito, una roba complicata che non sto a spiegarvi qui perché sennò non finiamo più, in sostanza si tratta di un Buddha assiso che alza le mani all’altezza del petto pigliandosi l’indice della mano sinistra con tutta la mano destra stretta a pugno).

Voi, ne sono moderatamente certo, questa statua non l’avete mai nemmeno sentita nominare ma vi prego lo stesso di credermi quando vi dico che si tratta di una di quelle opere fondamentali che compaiono in tutti i libri di storia dell’arte coreana. Noi due maschietti, lo avrete a questo punto oramai capito, eravamo diretti verso il Dop’iansa che per inciso è, visto il luogo dimenticato da Dio in cui sorge, uno di quei posti che tutti conoscono ma che nessuno ha mai visitato.

Il glorioso terminal del villaggio di Tongsong, capolinea della corriera

Il glorioso terminal del villaggio di Tongsong, capolinea della corriera

Un pensiero gentile rivolto a tutte le coppiette separate dalla naja

Alle spalle del terminal, un pensiero gentile rivolto a tutte le coppiette separate dalla naja

Il nostro pranzo

Il nostro pranzo

Prima di andare ad ammirare la statua di cui sopra, tuttavia, ne abbiamo approfittato per fare una capatina all’altro monumento di Ch’ŏrwŏn, il Nodongdang-sa (勞動黨舍), cioè l’Ufficio del Partito dei Lavoratori. Con “Partito dei Lavoratori” ci si riferisce ovviamente al Partito dei Lavoratori della Corea del Nord, ‘ché nel 1946, quando questo edificio venne eretto, qua era tutta terra comunista! Ai tempi  della Guerra di Corea gli ammeregani e i loro alleati sudcoreani si erano convinti che qua dentro ci fosse chissà cosa, concentrando così (con successo) tutta la loro forza per la presa dell’”Ufficio” in questione. Ora è tutto in rovina, colle pareti completamente crivellate di colpi e la scalinata di accesso sbriciolata dai cingoli di un carro armato, e chissà all’epoca quanti morti L.

Il Nodongdang-sa. K.Y.W. si è lamentato che col bel tempo perde tutta l'aura di malvagità che dovrebbe avere

Il Nodongdang-sa. K.Y.W. si è lamentato che col bel tempo perde tutta l’aura di malvagità che dovrebbe avere

Come ben sapete, i coreani (del Sud) tendono a smantellare qualsiasi edificio non gli vada ideologicamente a genio, dunque come mai questo Nodongdang-sa è ancora in piedi? La risposta, stando al giovane K.Y.W., è che da una parte l’edificio viene sfruttato in funzione propagandistica (“guardate! I cattivi comunisti qua dentro facevano cose cattivissime! BRR!”), dall’altra bisogna tenere presente che, fino alla fine degli anni ’80, l’accesso a tutta l’area a nord di Ch’ŏrwŏn City era interdetto ai civili, ergo non c’era né la necessità di, né la manovalanza adatta a demolire l’edificio che, nel frattempo, è stato registrato come bene culturale e quindi resterà qui finché regge.

Tatatatatà! Una colonna che, pur se crivellata di colpi, non si è piegata al nemico!

Tatatatatà! Una colonna che, pur se crivellata di colpi, non si è piegata al nemico!

Uno sguardo dal retro

Uno sguardo dal retro

Ecco cosa succede a salire le scale col carrarmato

Ecco cosa succede a salire le scale col carrarmato

La trafficata strada da e per il Nodongdang-sa

La trafficata strada da e per il Nodongdang-sa

Al Nodongdang-sa ci siamo arrivati nella maniera più comoda e veloce possibile, vale a dire in tassì, mentre da qui al Dop’iansa ce la siamo fatta a piedi (tanto sono solo tre chilometri!). Lungo la strada ci siamo casualmente imbattuti nelle rovine di un altro edificio “storico”, la Chiesa metodista di Ch’ŏrwŏn, fondata del 1936 e andata distrutta nemmeno una ventina di anni dopo, ovviamente ai tempi della solita Guerra di Corea. Io e il giovane K.W.Y. abbiamo approfittato della fortuita scoperta per scattare alcune pregevoli fotografie che potete di seguito ammirare.

Io in una delle mie pose migliori

Io in una delle mie pose migliori

Il giovane K.Y.W. in una delle sue pose migliori

Il giovane K.Y.W. in una delle sue pose migliori

Spettacolare foto con effetto

Spettacolare foto con effetto

Il monumento in tutta la sua imponenza

Il monumento in tutta la sua imponenza

Risaie

Risaie

Ci siamo quasi

Ci siamo quasi

Un’ora dopo, sudati, assetati e sfiancati dall’inaspettatamente afosa aria di queste terre selvagge  delle risaie di Ch’ŏrwŏn, siamo arrivati al Dop’iansa. Oltre al Vairocana in ferro di cui vi ho già parlato, presso il Dop’iansa si trova anche un altro famoso monumento antico, una pagoda il pietra di cui non si sa niente di preciso e che per questo motivo viene ritenuta da tutti coeva alla nostra cara statua (sì, non c’è logica dietro a questa tecnica di datazione). I vari libri se la sbrigano descrivendola come uno dei massimi capolavori nel suo genere, glissando inspiegabilmente sul curioso senso di instabilità che ne emana, ma tant’è. La pagoda è da qualche anno salita alla ribalta (!) perché in essa sono stati avvistati a più riprese (!!) i BODHISATTVA AUREI (!!!), che non ne sapevo niente e all’inizio mi sono tutto eccitato ma poi ho scoperto che in realtà si tratta di una coppia di ranocchi <sic> che di tanto in tanto sbuca da una fessura della pagoda.

Il Dop'iansa. Al momento gli edifici 1, 3 e 13 non esistono

Il Dop’iansa. Al momento gli edifici 1, 3 e 13 non esistono

Ingresso al monastero

Ingresso al monastero

La pagoda del Dop'iansa e una vecchia maledetta che si è infilata nella foto proprio al momento giusto

La pagoda del Dop’iansa e una vecchia maledetta che si è infilata nella foto proprio al momento giusto

La base della pagoda. Da qui quando gli va spuntano i bodhisattva aurei

La base della pagoda. Da qui quando gli va spuntano i bodhisattva aurei

Dopo le foto di rito alla pagoda abbiamo fatto una capatina all’ufficio amministrativo/negozietto e abbiamo chiesto alla signora che vi lavora:

“Dai, ci fai fare le foto alla statua??”

e lei “Ma non si può”.

“E su, guarda che occhioni ha K.Y.W.” e a queste parole, e grazie a quegli occhi, ella infine si sciolse, accordandoci il tanto agognato permesso (in realtà le abbiamo detto altre cose che per motivi di ordine pubblico non posso rivelarvi) (non è vero, le abbiamo semplicemente fatto notare che ci occupiamo di storia dell’arte buddhista e volevamo fare delle foto per motivi di studio) (apro un’ultima parentesi, così, a caso).

Quel giorno la sorte era evidentemente dalla nostra perché non solo abbiamo ottenuto senza particolare fatica il permesso per fotografare la statua (di solito è severamente proibito) ma soprattutto perché, essendo il padiglione in cui essa è normalmente esposta in fase di restauro/ricostruzione, la pregiata icona è stata temporaneamente ricollocata in un piccolo padiglione prefabbricato certo orrido, ma che ci ha permesso di avvicinarla in una maniera che sarebbe stata altrimenti impossibile, e le foto che abbiamo scattato sono lì a testimoniarlo. Peccato che non possiate vederle anche voi, ah!

Il padiglione prefabbricato

Il padiglione prefabbricato

Il nostro caro Vairocana

Il nostro caro Vairocana

Un profilo maestoso

Un profilo maestoso

Poi niente, si è fatta una certa ora, così abbiamo chiamato un tassì, siamo tornati a Ch’ŏrwŏn e da lì nuovamente a Seoul in corriera, e questo è quanto.

Un ultimo saluto!

Un ultimo saluto prima di tornare a casa!

Detta con franchezza, dubito che qualcuno di voi lettori vorrà mai avventurarsi in queste lande sperdute, ma se qualcuno non resistesse alla tentazione e non potesse proprio farne a meno, sappia che il metodo più pratico per farlo consiste nel prendere una corriera o dal Seoul Express Bus Terminal o dal Dong Seoul Bus Terminal e prima o poi si arriva (contate dalle due alle tre ore a tratta a seconda del traffico e una cifra variabile tra i 15000 e i 20000 won). E per questa volta è veramente tutto.


[1]Questa cosa la specifico perché io ho un’idea tutta mia riguardo a quest’opera, ma non è questa la sede adatta per discuterla.

Chŏngwŏl Taeborŭm

Posted in Arte, Asia Orientale, corea, Gite, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 27 febbraio 2013 by patatromb

C’è, in questo blog, un intervento del 2009 intitolato “Capodanno” il cui soggetto è il capodanno lunare, una delle principali festività coreane.

C’è, sempre in questo blog, un altro intervento, stavolta del 2012, dal titolo “Sŏllal 2012”, il cui soggetto è nuovamente il capodanno lunare, che dice praticamente le stesse cose di “Capodanno” ma che però è arricchito da alcune memorabili foto del sottoscritto.

Purtroppo per voi quest’anno, nei giorni in cui cadevano i festeggiamenti per l’inizio dell’anno del serpente, mi trovavo in Italia, ragion per cui non ho potuto riscrivere per l’ennesima volta la solita solfa sui coreani che nei giorni di festa si premono come sardine nei treni e nelle corriere per tornare a casa due giorni e bla bla bla quelle robe lì. Sarà per il prossimo Chusŏk.

 (. )( .)

Fortunatamente per voi, tuttavia, sono tornato a Seoul giusto in tempo per assistere alle celebrazioni del (Chŏngwŏl) Taeborŭm, la tradizionale festa per la prima luna piena dell’anno! Un dettaglio del Sŏllal che finora mi era sempre sfuggito è che esso coincide invariabilmente con un giorno di luna nuova: se ne evince pertanto che il Taeborŭm, in quanto giorno di luna piena, cade invariabilmente due settimane dopo il Sŏllal. Dato che il 2013 lunare ha avuto inizio il 10 febbraio, è dunque semplice calcolare che il giorno in cui si è celebrato il Taeborŭm è il 24 dello stesso mese, i.e. domenica scorsa.

Verso la festa!

Verso la festa!

 

Venuto a sapere della cosa domenica ho pertanto fatto la migliore delle cose possibili, vale a dire andare a godermi la festa presso il Namsan hanok maŭl, il villaggio folkloristico nel cuore di Seoul di cui, prometto, parlerò dettagliatamente in uno dei miei prossimi post, ed è una di quelle promesse tipo che è da un anno e mezzo che devo pubblicare l’ultima parte del mio diario di viaggio in Giappone (2011).

Alcuni coreani in attesa che inizi lo spettacolo

Alcuni coreani in attesa che inizi lo spettacolo

Bimbi e corde, per giocare!

Bimbi e corde, un’alchimia perfetta!

 

Ma insomma, cosa si è fatto in quel di Seoul per festeggiare la prima luna nuova dell’anno? Si è ballato, si è cantato, si son fatti tanti giochi divertenti, si son spaccate le noci (un must: al banchetto per spaccare i deliziosi e durissimi frutti secchi c’era una fila da far invidia al Kansong) e soprattutto, al culmine dell’evento, è stato dato fuoco a un grosso pignarul[1] affinché si portasse via tutte le robe dell’anno passato.

Gente che canta!

Gente che canta!

Gente che suona e che balla

Gente che suona e che balla

Gente che spegne pignarul

Gente che spegne pignarul

 

Ecco, in questa sede avrei voluto parlarvi diffusamente di tutte queste straordinarie attività: delle voci da usignolo delle tre cantanti di p’ansori, dei leggiadri passi di danza dei suonatori di samul nori, di come, fedelmente alla proverbiale fretta dei coreani, il pignarul è stato spento a forza dai pompieri dopo non più di sette minuti dalla sua accensione; tuttavia, nell’istante in cui il Signore degli Aquiloni si è manifestato in tutta la sua maestosa bellezza, tutto il resto ha perso di interesse, quasi svanendo dal mio campo visivo: d’altronde, Lui era di fronte a me.

Il suo elegante caschetto, le sue irresistibili natiche sode e rotonde, il suo sobrio e signorile marsupio giallo, la sua voce persuasiva e melodiosa, i suoi ineguagliabili aquiloni, il suadente fascino virile di chi, con un semplice sorriso, sa di poter ottenere tutto ciò che desidera: sono solo alcuni degli innumerevoli elementi che hanno contribuito a fare di Lui il protagonista indiscusso della giornata, ma che dico!, dell’anno intero!

Ogni altra parola a riguardo sarebbe però superflua, ‘ché il linguaggio umano non può esprimere adeguatamente la natura del Signore degli Aquiloni: per questo, dunque, lascerò che siano le immagini a parlare per me, dandovi appuntamento alla prossima volta, se mai riuscirò a riprendermi dalla Visione.

Il Signore degli Aquiloni

Il Signore degli Aquiloni

Fascino, eleganza, regalità

Fascino, eleganza, regalità

L'apice dell'umanità

L’apice dell’umanità

 

 (. )( .)

P.S. Nel frattempo, mentre ieri in Italia procedeva lo sfoglio delle schede elettorali e sui social network la gente stava a lagnarsi perché è tornato Berlusconi o a vantarsi di aver votato Grillo, in Corea del Sud si insediava finalmente il nuovo Capo dello Stato:

Mrs. President!


[1] Termine che, analogamente al “piastrare” da me menzionato molti interventi or sono, fa riferimento alle belle tradizioni del Nord-est italiano: per informazioni, cercate su google.

Capodanno+veglione=festazza!

Posted in Asia Orientale, corea, Musica, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 10 gennaio 2013 by patatromb

 

Auguri, auguri!

Forse non tutti se ne saranno accorti, ma la scorsa settimana era il primo gennaio: questo significa che era capodanno. Capodanno, a sua volta, significa veglione e veglione significa festa collettiva in piazza. Festa collettiva in piazza significa uscire di casa la sera del 31 dicembre, cercare la piazza dove la gente si raduna per divertirsi tantissimo, ballare saltare e cantare perché lo fanno tutti, alla mezzanotte meno 30 secondi dare il via a un fragoroso conto alla rovescia collettivo terminato il quale tutti si vogliono più bene di prima perché è iniziato l’anno nuovo e, infine, ripigliare a ballare saltare cantare finché ce n’è.

 

Se si va in centro a Seoul e si esce dalla fermata Chonggak della metro, ci si trova davanti al Posin’gak (普信閣). Chonggak significa “Padiglione della campana” e il Posin’gak è, guarda caso, un padiglione con una campana dentro[1].

Ma mica una campana qualsiasi, ‘ché – seppur con varie denominazioni e varie sedi nel corso dei secoli- in città c’è sempre stata, a partire quantomeno dal 1398, una campana la cui funzione originaria era quella di segnalare, al mattino, l’apertura delle porte della città e, alla sera, la loro chiusura; e appunto il Posin’gak sarebbe il padiglione che protegge questa storica campana, anche se a dirla tutta l’edificio attuale risale al 1979 mentre la campana al suo interno è stata forgiata nel 1985, quando quella storica del 1468[2] venne trasferita al Museo Nazionale.

Vista la dubbia utilità, nel XX secolo, di una campana suonata per segnalare l’apertura delle porte della città, peraltro non più in funzione, a partire dagli anni ’80 il Posin’gak è stato reinventato, tramite un interessante processo di “creazione di tradizione”, come monumento simbolo del Capodanno, con la sua campana che viene suonata trentatré volte allo scoccare della mezzanotte del primo gennaio per segnalare l’inizio dell’anno nuovo.

 

Quest’anno mi sono visto mio malgrado impossibilitato a festeggiare il capodanno nell’affascinante e vivace cornice di Piazza Vittoria a Gorizia e, dato che mi trovavo a Seoul, la mia scelta per il veglione è naturalmente caduta sul Posin’gak, dove ogni anno si radunano, pressate come salami, centinaia di miliardi di persone. Ed è solo per voi, miei amati lettori, che ho filmato il momento in cui, a Seoul, fu 2013!

 

L’affascinante Piazza Vittoria, vanto di Gorizia

 

I più attenti di voi avranno forse notato che nessuno ha stappato non dico del costoso spumante, ma neanche mezza bottiglia di birra Cass. In effetti una delle peculiarità del capodanno coreano è che, malgrado il paese sia il più alcolizzato che ci sia, non si brinda allo scoccare dell’anno nuovo. In compenso era pieno di scemi che, anziché festeggiare come si deve, hanno passato il loro tempo a fare filmini col cellulare: io, modestamente, sono uno di loro!

 

Ma, vi starete chiedendo,  il programma della serata in cosa consisteva? Essenzialmente in musica, tantissima musica! Vediamo un po’ chi si è esibito allietando e scaldando i nostri cuori congelati da temperature siberiane.

1- I diversi: l’onore di dare il via alle danze, alle 23 e 30, è toccato ai “Nonmiricordocomesichiamano”, un gruppo di cantanti “multiculturali”, vale a dire sette (?) stranieri (sei asiatiche e un russo) vestiti di bianco, raccolti non so bene dove e che hanno cantato con inspiegabile entusiasmo canzoni brutte in varie lingue: la prima e l’ultima canzone però erano in coreano, un po’ per rassicurare il pubblico, un po’ per dimostrare che sarà il coreano a unire il mondo intiero in un abbraccio di pace fraterna, e così sia![3]

2- I giovani: la “Big band dei ragazzini delle medie” (o qualcosa del genere), appunto dei ragazzini delle medie che suonavano gli strumenti a fiato.

3- I giovanissimi: il momento del “che carino”, ossia due bambini dell’asilo, un maschietto e una femminuccia, che hanno cantato un brano commovente.

 

L’intervallo – Dopo questa giovanissima, pregevole esibizione è arrivata la mezzanotte e, con essa, è toccato ai 33 rintocchi della campana. Non si sono però sentiti, erano coperti dal rumore proveniente dai megaschermi ai lati del padiglione, sui quali sono stati proiettati vari filmati di gente comune che faceva gli auguri di felice 2013. Finiti i rintocchi è ricominciata la musica, e che musica!

 

4- I vecchi: la big band dei sassofonisti ultrasessantenni, per fare da contraltare giovani e giovanissimi. Tra le altre cose ci hanno suonato “Rivers of Babylon”. Durante la loro esibizione la maggior parte delle persone se ne sono tornate a casa.

5- Il cantante di pop-opera: il tipico tenore basso, tarchiato, colla barba, ci ha deliziato con brani originalissimi (O sole mio, Nessun dorma e un brano inglese che non ho riconosciuto.)

6- La cantante famosa: i pochi sopravvissuti al tenore hanno assistito al pezzo forte della serata, la performance della celebre cantante In Suni (è così famosa che c’è persino una pagina della wikipedia italiana a lei dedicata!) Per strizzare l’occhio al pubblico giovane, l’attempata signora si è esibita, tra le varie cose, in un indimenticabile duetto rap con dei giovani rapper bellissimi™ sulla cui identità non posso esprimermi.

7- In gran finale, tutti assieme appassionatamente: dove tutti i maggiorenni esibitisi nel corso della serata sono saliti sul palco per cantare una versione modernizzata dell’Arirang.

All’una e mezza è tutto finito, io per fuggire al congelamento (ultimamente la temperatura media notturna a Seoul si aggira attorno ai -10°C) mi son magnato un panino al Lotteria e poi tutti a nanna!

 

Ah, dimenticavo: i notiziari e i quotidiani italiani raccontano ogni anno che ovunque nel mondo è brindisi e fuochi d’artificio. Per il brindisi abbiamo già visto, ma per i fuochi d’artificio?

 

 

P.S.: si dice che ovunque tu sia, a capodanno ti imbatterai sicuramente in degli italiani. È assolutamente vero. Quelli in cui mi sono imbattuto io li ho riconosciuti perché, nel momento del “che carino”, hanno effettivamente esclamato “che carino!”.


[1] Caro lettore fedele di questo blog, no: il “posin” del nome non è lo stesso “posin” della buona zuppa di carne di cane, i caratteri cinesi con cui le due parole sono scritte sono diversi, così come diverso è il loro significato.

[2] A sua volta creata in sostituzione di quella originale del 1398, andata fusa a causa di un incendio.

[3] Una volta ho assistito a una conferenza dove qualcuno è riuscito a proporre, con tono serio e convinto, di adottare il coreano come lingua internazionale all’ONU a posto dell’inglese e di altre lingue troppo difficili da imparare.

Natale! (vers. 2012.2)

Posted in Arte, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , on 27 dicembre 2012 by patatromb

Non è Natale senza il presepe!

Il presepe più bello, fatto con tanto amore e alcuni pezzi di carta

Il presepe più bello, fatto con tanto amore e alcuni pezzi di carta

Natale! (vers. 2012)

Posted in Musica, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 26 dicembre 2012 by patatromb

E anche per quest’anno, buon Natale a tutti, evviva evviva!!

(fingendo che qua non sia già il 26 dicembre)

 

Si vota!

Posted in Asia Orientale, corea, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 19 dicembre 2012 by patatromb

Il 16 dicembre c.a. le primarie del PDL hanno ufficialmente stabilito, ed è stato quasi un plebiscito oltre che una festa della democrazia, che sarà il Cavaliere del lavoro Silvio Berlusconi il prossimo candidato del centrodestra moderato di ispirazione cattolico-liberale alla presidenza del consiglio dei ministri: l’Italia è così finalmente pronta per le oramai imminenti elezioni politiche, con il nuovo che avanza sempre di più!

Ma non è solo in Italia che si vota, anzi! Domani, mercoledì 19 dicembre 2012, è infatti il giorno in cui i cittadini sudcoreani saranno chiamati alle urne per eleggere, come ogni cinque anni, il nuovo presidente della repubblica. Come in Italia, anche in Corea esiste la carica di Presidente del consiglio (o primo ministro che dir si voglia), ma chi detiene il potere è a tutti gli effetti il presidente della Repubblica, ergo le elezioni di domani sono quelle in cui il paese si gioca il suo destino per i prossimi cinque anni. E la tensione è alle stelle!!!!

(. )( .)

Ma vediamo un po’ chi sono i diretti interessati di questa tornata elettorale!

Yi Myŏngbak, una persona a modo

Innanzitutto, partiamo dal vecchio: il presidente in carica è Yi Myŏngbak, celebre sosia di Marylin Manson. Un uomo che, potremmo dire, s’è fatto da sé: entrato in politica relativamente tardi, ultracinquantenne, dopo una brillante carriera manageriale nel campo delle costruzioni, come presidente della Repubblica si è fatto un nome per le sue posizioni anticomuniste che hanno portato le relazioni con la Corea del Nord al livello peggiore degli ultimi vent’anni, per le sue idee filo-americane (amicissimo con Bush!) e una politica economica fortemente sbilanciata a favore delle grandi aziende (“meno tasse [per i ricchi]”!) che ha avuto come principale conseguenza un vertiginoso aumento del costo della vita, e altre amenità simili.

In Corea il presidente può restare in carica solo per un mandato, quindi benché la gente capra ignorante che c’è qui come in Italia sarebbe benissimo stata capace di rieleggerlo, niente, gli tocca andar a casa.

Ma insomma, questo è quel che c’è. E ora vediamo chi sarà, o vorrebbe essere! La corsa per la presidenza sarà una corsa a due, benché i candidati siano ufficialmente sei, e si giocherà sul filo dei numeri, con i candidati dei due principali partiti del paese che, negli ultimi sondaggi, erano praticamente appaiati al 48% dei consensi.

Il PDL Saenuri (Paese Nuovo), il principale partito di destra del paese, ha schierato una candidata d’eccezione: Pak Kŭnhye, zitella sessantenne, già sconfitta cinque anni fa alle primarie di quello che nel 2008 si chiamava ancora Forza Italia Hannaratang, o “Partito della Grande Nazione”, proprio dal succitato Yi Myŏngbak, nota soprattutto in quanto figlia di Pak Chŏnghŭi, il più duraturo dei dittatori militari della Corea del Sud oltre che unica ragione reale per la quale ora siamo qui a parlare di lei (dicevamo in apertura del nuovo che avanza, in Corea come in Italia!).

Donna brillante e capace, come dimostrato ad esempio dal fatto che, benché in campagna elettorale concordasse sempre in anticipo le domande delle interviste, non sia mai riuscita a rispondere una volta che fosse una senza leggere, talvolta incespicando, le risposte scritte (probabilmente da qualcuno del suo staff) che si era portata da casa. Abilissima nell’utilizzo della tecnica del “sono stata fraintesa!”, mi ha donato momenti di sincera allegria quando, durante il primo dei tre dibattiti elettorali televisivi, se ne è uscita ad un certo punto con la fulminante battuta “Non farò mai promesse che non posso mantenere!”

Alcuni commentatori hanno accolto con favore la sua candidatura, ‘ché “è la prima volta che una donna in Corea potrebbe seriamente diventare capo dello Stato”. Io però questo femminismo politico a tutti i costi non riesco proprio a capirlo, la cacca puzza sia che la facciano gli uomini sia che la facciano le donne, o no? E vabbé, Andiamo avanti!

 

Pak Kŭnhye mentre effettua un'importante chiamata istituzionale tenendo il telefono a testa in giù

Pak Kŭnhye mentre effettua un’importante chiamata istituzionale tenendo il telefono a testa in giù

Dall’altra parte della barricata, il PD presenta come già sapete Bersani, cioè no, il Partito Democratico Unito presenta Mun Chaein, un simpatico signore di mezza età dalla fortissima inflessione dialettale che, benché con una oramai lunga e importante carriera sociale e politica alle spalle, era stato inizialmente accolto dalla gente comune da un corale “Mun… chi?”. A ben pensarci, potevo anche lasciare scritto Bersani.

Mun Chaein, obiettivamente il candidato più bello

Mun sarà anche un soggetto di (relativamente) basso profilo, ma gli va dato atto che, almeno a sinistra, è riuscito a fare strage di avversari. Fino al 23 novembre, infatti, oltre alla Pak e a Mun, c’era un altro candidato “forte” con serie possibilità di vincere le elezioni: An Ch’ŏlsu, candidato indipendente considerato da molti l’alternativa alla “vecchia politica”, amato soprattutto dai giovani progressisti (esistono pure qua!). Il vero problema era che, vista l’obiettiva vicinanza delle sue idee a quelle di Mun, si era venuta a creare una situazione in cui, mentre i due si rubavano di fatto voti a vicenda, chi ci guadagnava era la sig.ra Pak.

Per un mesetto abbondante Mun e An hanno cercato di accordarsi e puntare così, in coppia, a superare la candidata del centrodestra. Soltanto che, per unificare le campagne elettorali, avrebbero per forza di cose dovuto scegliere chi dei due sarebbe stato il candidato definitivo, perché se da una parte la figura di An era in grado di attrarre, a differenza di Mun, il voto dei molti “delusi” dai grandi partiti (non sono pochi: si pensi che, se nel 1988 alle presidenziali aveva votato quasi il 90% degli aventi diritto, nel 2008 questi hanno di poco superato il 60%), essa avrebbe dall’altra parte portato all’anomalia di un principale partito di opposizione privo di un proprio candidato alla presidenza.

La gente era comunque abbastanza convinta che i due, in un modo o nell’altro, si sarebbero alla fine messi d’accordo, quando un bel giorno, all’improvviso, An ha ritirato la sua candidatura, lasciando così la strada spianata a Mun e mandando in crisi i suoi fan, che da allora stanno disperatamente cercando di farsi piacere l’uomo del PDU.

An Ch’ŏlsu triste

Poi, il 4 dicembre, si è svolto il primo dibattito televisivo tra i tre principali candidati. Ma aspetta! Il terzo incomodo, An, non si era tirato fuori dalla partita? Infatti: al dibattito ha partecipato, oltre agli scontati Pak e Mun, tale Yi Chŏnghŭi del Partito Progressista Unificato, che sinceramente non avevo minimamente idea di chi fosse, e in effetti nei sondaggi era data a circa l’1%. La signora Yi, quel giorno, ha esordito dichiarando “Mi candido solo per impedire a Pak Kŭnhye di diventare presidente”. Da lì è partita senza più fermarsi, dicendo della sua avversaria tutte le cose brutte che è giusto pensare ma che nessuno ha il coraggio di dire apertamente, sbugiardandola quando serviva, ammutolendola negli altri casi.

Da parte mia, è stato amore a prima vista, ma allo stesso tempo, mi son detto, questa rischia solo di fregare voti a Mun. E deve esserselo detta anche lei, visto che, ancora più improvvisamente di An, domenica scorsa ha ritirato, proprio all’ultimo, la sua candidatura (tanto quello che verosimilmente si proponeva, vale a dire svergognare il più possibile la Pak, l’ha fatto egregiamente) andando ad appoggiare quella di Mun.

Lee Chŏnghŭi, la mia candidata preferita

Ci sarebbero altri quattro candidati ancora in corsa, ma sono lì solo a far contorno quindi passo.

Manifesti elettorali in una strada di Seoul: così potete vedere anche gli altri quattro candidati

Manifesti elettorali in una strada di Seoul: così potete vedere anche gli altri quattro candidati

(. )( .)

E così domani si vota, dalle 6 alle 18. E vari partiti avevano richiesto di tenere i seggi aperti fino alle 10, così da permettere a più gente di esprimere la propria preferenza. Ma i sondaggi parlano chiaro: più gente va a votare, più le possibilità di vittoria del Saenuri di Pak Kŭnhye si assottigliano, e così il governo in carica ha rifiutato la proposta.

Ci sarebbe ancora da parlare di scandali, spionaggio, attacchi personali, voto dall’estero e via dicendo, ma lo spazio e il tempo sono tiranni: per il momento non ci resta che attendere i risultati delle elezioni, e se non mi muovo finisce che pubblico questo intervento a spoglio ultimato…

Ch’onha cheil, dove vi mostro delle foto scattate al museo

Posted in Arte, Asia Orientale, corea, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 6 dicembre 2012 by patatromb

Prima che chiudesse i battenti, cioè prima che i biglietti omaggio gentilmente donatimi da una compagna di università -della quale non ho mai imparato il nome ma che comunque ringrazio di cuore-, sono miracolosamente riuscito a visitare la mostra dedicata alle ceramiche celadon del periodo Koryŏ, in programma al Museo Nazionale di Seoul dal 16 ottobre al 16 dicembre c.a..

È da diversi anni che il Museo organizza ottime mostre temporanee e anche in quest’occasione la tradizione è stata rispettata, grazie alla rassegna di un altissimo numero di opere provenienti da diverse collezioni sia nazionali che straniere (leggi: giapponesi), disposte lungo un percorso organico accuratamente studiato che permette di mantenere vivo l’interesse per tutta la durata della visita e che, ed è questa la cosa più importante, possono essere ammirate come si deve anche perché qua le teche e l’illuminazione non sono come quelle del Kansong.

Finito questo panegirico del Museo Nazionale di Seoul, devo confessarvi che, se c’è un campo della storia dell’arte coreana del quale saprei raccontarvi veramente poche cose, quello è sicuramente il variegato mondo della ceramica, ma mica si può essere ferrati in tutto, no?

In ogni caso, posso almeno dirvi che il concetto generale del celadon Koryŏ è il seguente: “bello, bello ma troppo bello bellissimo che più bello non ce n’è”; e magari non erano proprio le parole esatte che avrebbero usato loro, ma di fatto è così che la pensavano non solo i coreani, ma persino i cinesi dell’epoca (dei Song settentrionali). Ma ora, anziché dilungarmi oltre su nozioncine da scuola elementare che tanto non interessano a nessuno, mi limiterò a condividere con voi una serie di straordinarie foto scattate alla mostra dal sottoscritto, in modo che possiate giudicare coi vostri occhi se

a) queste ceramiche sono davvero così belle;

e b) se ho o meno un futuro come fotografo.

 

Sanggam celadon, XII secolo

Sanggam celadon, XII secolo

Pupi felici e uva

Pupi felici e uva

Barattolo per l'inchiostro

Barattolo per l’inchiostro

Incensiere.

Incensiere

Brocca, XII secolo

Brocca, XII secolo

Contagocce

Contagocce

Kundika in bronzo vs. kundika in ceramica

Kundika in bronzo vs. kundika in ceramica

 

Poi stamattina ha anche preso a nevicare.

Una foto dell'università

Una foto dell’università

Una foto del dormitorio dell'università

Una foto del dormitorio dell’università

Una foto dei motorini del dormitorio dell'università

Una foto dei motorini del dormitorio dell’università

Una foto del grande pupazzo di neve del dormitorio dell'università

Una foto del grande pupazzo di neve del dormitorio dell’università

Una foto di me e dei miei nuovi amici

Una foto di me con i miei nuovi amici

 

 

 

 

Annuncio di servizio

Posted in Arte, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , on 1 novembre 2012 by patatromb

Questa sera avevo il programma di aggiornare il blog con un bel (?) filmato di me che faccio cose. Grazie alla perizia dei programmatori di Windows Live Movie Maker, tuttavia, il filmato risulta inguardabile dato che il programma sostituisce, a caso, alcuni interessanti (?) spezzoni con schermate nere che altrettanto interessanti non sono (l’audio però rimane).

Prima o poi riuscirò a vincere la mia battaglia con questi bug insensati, per il momento vi chiedo umilmente di pazientare.

 

Nella foto, scelta a caso come gli spezzondi di video che Movie Maker decide di non visualizzare, il palazzo dei condizionatori d’aria

 

Recensione sintetica del ristorante “Sao paulo” a Hyehwa, Seoul

Posted in Asia Orientale, corea, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , on 16 ottobre 2012 by patatromb

Sabato a cena mi è stato servito del caffè con il limone.

Caffé nero con un pezzo di limone.

C’ho i flash

Posted in Fumetti, Giappone, Gite, Pubblica utilità, Wisdom with tags , , , , , , , , , , , , on 22 settembre 2012 by patatromb

Miei cari lettori, mie care lettrici,

vi sarete sicuramente accorti che, recentemente, non ho avuto occasione di aggiornare questo mio modesto blog. Ma non temete, non vi ho né scordati, né tantomeno abbandonati: semplicemente, imprescindibili e improrogabili impegni accademici hanno assorbito e il mio tempo, e le mie forze, sia fisiche che, ed è questo il punto di partenza dell’intervento odierno, psicologiche.

Perché dovete sapere che, dopo due settimane circa passate ininterrottamente davanti al computer a scrivere cose che nessuno vuole leggere, la mia mente ha iniziato a vacillare e ha preso a mescolare il presente con il passato, le informazioni utili con quelle superflue, e così via.

Ad esempio, mentre stavo vergando la mia critica agli studi biografici dedicati ai monaci di epoca Koryŏ, mi è tornato all’improvviso in mente un pasto consumato, una domenica di maggio del 2006, presso il McDonald’s di un piccolo centro commerciale dalle parti di Rokujizō, quartiere nella estrema periferia sud-orientale di Kyōto degno di nota in quanto non c’è assolutamente nulla da vedere: e di colpo erano davanti a me un pasto, un centro commerciale e un intero quartiere che fino all’altro giorno avevo completamente rimosso dalla mia mente (o almeno, ero convinto di averlo fatto). Ora rimembro con precisione persino quello che avevo mangiato e ricordo anche che ero andato da quelle parti per visitare un negozio di libri usati dove ho comprato il fumetto del coniglio col naso lungo e un ciddì dei Polysics, però non ho la minima idea di come mai sapessi che quel negozio esistesse; come che sia, ve lo faccio vedere.

 

 

 

La stessa sera ho avuto un secondo flash dal passato, questo ben più interessante? In sostanza, credo fosse il 2004 o il 2005, e stavamo dando l’esame chiamato “abilità informatiche 2”, un esame tappabuchi (mi pare valesse 3 punti di credito, ma forse erano di meno) dove gli studenti si raggruppavano nella sala computer dell’università e il professore diceva loro: “scrivete col computer una frase a vostra scelta in giapponese”. Se lo facevi, e bastava scrivere cose tipo “mi piacciono i gatti” o “mi chiamo Gino”, avevi passato l’esame. Se non l’avete mai fatto, e immagino che molti di voi non ne abbiano effettivamente mai avuto occasione, sappiate solo che per scrivere in giapponese con il computer basta impostare la tastiera su giapponese e poi digitare le lettere della parola così come si pronuncia (ad esempio, per scrivere inu いぬ, cane, si digita i, n, e infine u. Se proprio si vuole, poi si può selezionare il carattere cinese corrispondente premendo la barra spaziatrice, ed ecco che いぬ diventa 犬). Insomma, non bisogna essere dei dottorandi in informatica per riuscirci.

Ebbene, nel flash mi si sono chiaramente parati davanti tutti i bocciati all’esame. Perché sì, parecchi non sono riusciti a passarlo. Una parte degli studenti, infatti, non ricordando che è possibile impostare la tastiera su “giapponese” ha scritto la frase sì in giapponese, ma utilizzando l’alfabeto latino. I miei preferiti, però, sono gli studenti universitari che, alla richiesta “scrivete una frase” rispondevano scrivendo una singola parola; e mi ricordo ancora con commozione il professore che, paziente, gli ripeteva “scrivete una frase!” e quelli cambiavano la parola, e lui, stavolta un po’ meno paziente, “finché non scrivete una frase non vi faccio uscire da qui!” e quelli giù con un’altra parola ancora.

E mentre disteso nel mio caldo lettuccio rivivevo questi bei momenti per lungo tempo dimenticati, ho ripensato alle associazioni studentesche, alle loro proteste per gli esami di ingresso e i corsi a numero chiuso e alle loro belle parole sul diritto allo studio, e mi son chiesto se diritto allo studio significa far studiare all’università gente che, dopo quasi venti anni passati sui libri, non conosce la differenza tra una parola e una frase. Poi, un secondo prima di addormentarmi, ho avuto un flash nel quale ho ricordato di avere un blog, ed eccomi nuovamente qua tutto per voi!