Insomma, come avevo anticipato la volta scorsa, il primo fine settimana di vacanze (che peraltro, avendo da lunedì iniziato un lavoro part-time succhia-energie, sarà anche l’ultimo) l’ho gioiosamente e giocosamente passato assieme al mio amato relatore. Perché mai?, si staranno giustamente chiedendo i miei venticinque lettori: le righe che seguono servono proprio a soddisfare la loro curiosità.
Dunque, dovete sapere che in Corea esiste una cosa, chiamata “MT” (/em ti:/), acronimo di “membership training”. Questa criptica espressione, a dispetto della sua manifesta anglofonia, indica in realtà una pratica prettamente sudcoreana in base alla quale, nella prima parte del semestre, gli studenti di un determinato corso universitario sono costretti invitati a fare una breve gita, per dare modo alle matricole di ambientarsi e fraternizzare con gli studenti “anziani”. Come avrete forse già intuito, quello che mi ha tenuto lontano da Seoul sabato e domenica scorsi è stato proprio un MT (il primo nella storia del nostro dipartimento![1]).
Visto che al mio professore piace fare le cose a modo suo, il nostro MT si è però svolto in maniera un po’ particolare: a semestre concluso (quindi viene meno la succitata funzione di “ambientamento”) e con una sola matricola (che peraltro è arrivata tardi e andata via in anticipo, saltando tutto il programma della domenica). Viste le numerose richieste che ho ricevuto da più parti (mia mamma e mia sorella), vado ora a dare i dettagli di questi due straordinari giorni di inizio luglio, giorni che non dimenticherò mai e la cui cronaca, sono sicuro, non lascerà indifferenti nemmeno voi, miei amati lettori!
(. ) ( .)
Meta: non si sa bene. O meglio, il luogo scelto per l’MT è una sede distaccata della facoltà di Agraria della Seoul National University che, a quanto si dice, si trova sulle pendici del monte Taehwa (泰華山), tra le città di Gwangju e Icheon. La foto satellitare di google ci mostra tutte le attrattive dell’area: alberi! Non solo il luogo straborda di cose interessanti, ma è anche praticissimo da raggiungere: ci si arriva esclusivamente con l’automobile o il fuoristrada (il tutto in un paese, la Corea del Sud, dove i mezzi di trasporto pubblici arrivano persino nel più piccolo dei paesucoli di montagna). Nella palazzina vive e lavora un singolo responsabile, assieme a una famiglia formata dalla simpatica Mamma Cagna e dai suoi sei cuccioli appena nati; inoltre c’è un campetto di pallacanestro e gli insetti che fanno paura.
Cosa abbiamo fatto: per non girarci i pollici, sabato pomeriggio siamo andati a vedere due maebul (磨崖佛, sculture buddhiste rupestri) di epoca Goryeo (per visitare i due monumenti ci abbiamo messo, con i ritmi alla coreana, ben 20 minuti complessivi), poi siamo tornati al rifugio[2] dove abbiamo grigliato dieci wurstel e parte dei 4 kg di carne comprati la mattina prima di partire dallo studente K (quantità per 10 persone -in tanti abbiamo preso parte al viaggio- consigliatagli dall’onesta macellaia del supermercato). Dopo cena, i coreani si sono moderatamente ubriacati, abbiamo collettivamente scoperto che non c’era acqua calda per fare la doccia (per lavare le stoviglie, però, ce n’era, e in abbondanza) poi attorno alla mezzanotte o all’una, non ricordo bene, ci siamo coricati.
Dato che il professore ha deciso di fare ‘sta gita nel bel mezzo della stagione delle piogge, la domenica mattina ci ha dato il buon giorno con un diluvio che ha reso impraticabile buona parte delle strade che dovevamo percorrere per andare a mangiare la colazione. Il brillante studente incaricato di organizzare l’MT, infatti, aveva prenotato in un ristorante che dista solo 50 minuti dal nostro rifugio, anche se causa allagamenti per arrivare a destinazione abbiamo impiegato un’ora e venti.
Non starò a sottolineare il fatto che lungo la strada abbiamo incrociato innumerevoli ristoranti pronti ad accoglierci evitandoci una perdita di tempo non indifferente dato che, obiettivamente, il menu prenotato dal suddetto studente organizzatore era impareggiabile. Abbiamo infatti mangiato seonji haejangguk (선지 해장국), tradotto letteralmente “zuppa per smaltire la sbornia a base di sangue di manzo coagulato”: in sostanza, la merenda del campione per iniziare al meglio la giornata! (Se vi interessa, qui potete acquistare un pratico set per prepararla anche a casa vostra!)
Dopo questa succulenta colazione, siamo tornati a casa e l’MT è finito.
In sostanza: divertimento, azione, luoghi indimenticabili, leccornie in gran quantità, le cosce semi-glabre del mio professore in bella vista durante la cena: questo è quello che io definisco un finesettimana come si deve!
[1] Nel mio dipartimento, dove le gite a scopo didattico sono una tradizione consolidata, quella dell’MT non è una pratica diffusa, tanto che nessuno degli studenti attualmente iscritti (e c’è gente che è qua dagli anni ’90) ricorda di aver mai partecipato a un MT.
[2] Ad essere sinceri, abbiamo anche fatto un salto a un museo delle ceramiche e abbiamo degustato un gelato industriale (30 minuti).