Archivio per ottobre, 2011

Un nome che vince

Posted in Asia Orientale, corea, Pubblica utilità with tags , , , , , , , on 30 ottobre 2011 by patatromb

Il caffé col nome migliore di tutta Seoul?

Il Lattette Coffee di Sindorim

Al giardino del Ch’angdŏkkung

Posted in Asia Orientale, Gite, Libri, Pubblica utilità with tags , , , on 28 ottobre 2011 by patatromb

Lo scorso weekend il tempo era bello bello ma proprio bello, con un sole che spacca le pietre e quella piacevole brezzolina di inizio autunno* che tanto piace al sottoscritto. Al contempo mi si avvertiva che dal 18 al 30 c.m. nel cosiddetto “Giardino segreto” del Ch’angdŏkkung (o Changdeokgung che traslitterar si voglia) era previsto un evento speciale che permetteva di entrare in un numero (invero limitato) di padiglioni, a cui l’ingresso è generalmente interdetto al pubblico, per godersi il rosso delle foglie degli alberi sfogliando un buon libro. Fatto uno più uno, sabato son uscito di casa, mi son incontrato con la persona che mi aveva dato avviso dell’evento, assieme abbiamo magnato qualcosa e, verso le due e mezza, siamo giunti alla biglietteria del palazzo e abbiamo sganciato 3000 won a testa.

Il Ch’angdŏkkung (昌德宮) è uno dei cinque palazzi reali** costruiti a Seoul nel corso del periodo Chosŏn e, credo, il secondo più visitato dai turisti dopo il Kyŏngbokkung (baso questa mia stima sul prezzo del biglietto d’ingresso, direttamente proporzionale alla quantità di turisti stranieri che si presentano alle porte dei vari palazzi) . Per quanto riguarda il Ch’angdŏkkung, nel link trovate qualche informazione storica, non troppo dettagliata. E se non lo fanno quelli dell’Unesco sul loro sito, non sarò di certo io, alle due di notte, a lanciarmi in un improbabile tentativo di tracciare una cronologia precisa del sito.

Vi basti sapere che, come avrete intuito da quanto ho scritto nel primo paragrafo di questo mio intervento, alla zona “pubblica” del palazzo, non dissimile nella sua struttura fondamentale da quella degli atri Palazzi Reali di cui sopra,si affianca una zona “privata”, rappresentata appunto dal succitato Giardino Segreto: un enorme spazio di 45 ettari dove i regnanti si rilassavano e/o studiavano i migliori metodi per amministrare confucianamente lo stato  mentre fuori la gente moriva di fame.

Dietro il Palazzo numero 5, è tutto Giardino segreto.

Ma torniamo a noi. Una volta entrati ci siamo messi alla ricerca dell’ingresso del Giardino Segreto. Non ci siamo riusciti, in compenso ci siamo persi nell’area contrassegnata nella mappa con i numeri 6 e 7: un labirinto interminabile di cancelli chiusi e palazzine (ri)costruite di recente da cui siamo usciti solo dopo un’oretta e mezza.

Ginepro cinese, Monumento Naturale

Vista generica di quest'area #1

Una simpatica comitiva segue il nostro stesso percorso

Ingresso dell'Injŏngchŏn

Una volta fuori dal labirinto abbiamo abbastanza casualmente trovato l’uscita del Giardino segreto; abbiamo così finalmente concluso che l’ingresso dello stesso si trova dalla parte diamentralmente opposta del palazzo. Ci siamo anche arrivati, solo che la fila alla biglietteria era tale che non sarebbe stato possibile accedere al giardino prima dell’orario di chiusura. Una simpatica gazza assetata ci ha comunque allietato, che come si dice dalle mie parti, olcsó játék hülye gyereknek.

Altri padiglioni che resteranno anonimi

Tramonto e Injŏngchŏn

Architettura lignea=alta probabilità di incendio

Ah sì, sopra ho citato la biglietteria del Giardino segreto: non contento di averci fatto già pagare 3000 won a capa per attraversare il cancello del Ch’angdŏkkung , il Ministero dei Beni Culturali, che gestisce il palazzo, richiede infatti altri 5000 won per la visita al Giardino. Non restando altro da fare, abbiamo deciso di ritornare il giorno dopo a un orario decente, e alle 2 circa, dopo solo una mezz’ora di fila tra le due biglietterie e 16000 won spesi, eravamo a spasso per il giardino. Non mi dilungo nella descrizione, limitandomi a dire che, sì, ne è valsa la pena: dubito che le foto riescano a rendere l’atmosfera, ma una volta entrati nel parco ci si dimentica completamente di essere in una delle metropoli più popolose e caotiche del pianeta. Solo, se doveste capitare da queste parti, vi raccomando scarpe comode e, se possibile, un po’ di allenamento scalata.

Lieti visitatori hanno varcato l'ingresso del Giardino

Che fotografa la sterpaglia

Incredibilmente, abbiamo evitato la mandria che vedete in basso a destra

Io ero in posa. Il tizio arrivava bello fresco per fotografare la morosetta. Nella mia mente mi figuravo una serie di modi per eliminarlo. Un bimbo cercava di entrare dove non si può e non si deve

Lo stesso edificio di un paio di foto fa

Dentro un piccolo padiglione

Carpa. Grossa

Più che un giardino è una foresta

Il "Ruscello della corrente della perla", e capite che perché preferisco il nome originale Ongnyuchŏn

Quartieri residenziali. Quasi tutte le foto scattate qua sono sfocate (imbrunire+batteria insufficiente per usare il flash)

Ritorno al Injŏngchŏn

E questo è quanto. Grazie a questa gita mi sono alleggerito io, ‘ché per due giorni ho camminato come un pazzo consumando più calorie che in una sessione di palestra di quelle belle toste; il mio portafogli, ‘ché 11000 won per i 2 ingressi al palazzo e uno al giardino più la metro e due pranzi e due cene fuori casa; e di nuovo io, ‘ché causa portafogli alleggerito da un paio di giorni ho drasticamente tagliato il budget per la merenda serale, passando da “cioccolato e succo di frutta” a “pan carré e acqua”.

Ma ora! A letto!

 

——–

*Dio, in realtà sarebbe autunno inoltrato, ma non si vive di soli dettagli

**Gli altri sono, Kyŏnghŭigung (慶熙宮), Ch’anggyŏnggung (昌慶宮), Tŏksugung (德壽宮) e Kyŏngbokkung (景福宮). Prima o poi ve ne parlerò più nel dettaglio.

Il jataka della zanzara

Posted in Arte, Fumetti, Libri, Pubblica utilità, Wisdom on 15 ottobre 2011 by patatromb

Capita talvolta nella vita di trovarsi di fronte a un’opera dell’ingegno umano che entra in perfetta sintonia con le corde del nostro cuore, che è capace di lasciare un segno indelebile nella nostra mente e di riempire di gioia e letizia il nostro spirito.

A chi scrive questo è successo leggendo alcune delle pagine del volume Jātaka – Vite anteriori del Buddha, una raccolta di storie buddhiste curata da Mariangela D’Onza Chiodo e pubblicata da UTET nel 1992 (l’edizione tascabile, di cui vedete la copertina qui sotto, è invece del 2007).

In particolare, la profonda impressione provata leggendo la storia intitolata “Makasa-jātaka. La zanzara”[1], le intense emozioni che mai potrò dimenticare, il prezioso insegnamento che ne ho tratto, sono solo alcune delle ragioni che mi convinsero, oramai un anno fa, a realizzare una versione a fumetti del racconto in questione.

Tra il dire e il fare, come si sa, c’è di mezzo il mare, e la traversata che mi ha condotto a portare a termine il mio intento è, invero, durata più di quanto potessi ragionevolmente prevedere. Le prime matite sono state poste il primo gennaio di quest’anno, poi, tra una cosa e l’altra, non sono riuscito a ultimare le otto tavole che compongono la mia opera prima di questa settimana. Come che sia, ora la storia è finalmente pronta per essere letta, quindi l’ho caricata in rete dimodoché chiunque lo desideri possa leggerla e gustare fino in fondo il fascino e la sapienza dell’India Antica che trasuda dalla vicenda della zanzara.

Il collegamento alla pagina dove potete scaricare il documento lo trovate qui! [2]

In attesa dei vostri preziosi commenti, vi auguro buona lettura!

 


[1] Pagina 77 del summentovato volume.

[2] “ecco il link per downloadare  il file”.

Jongno nord

Posted in Arte, Asia Orientale, Gite on 14 ottobre 2011 by patatromb

Nei giorni passati ho avuto modo, per una ragione o per l’altra, di trovarmi a girare per la zona nord di Jongno, il distretto (gu 區) centro-settentrionale di Seoul in cui è concentrata buona parte dei luoghi di interesse storico-turistico e politici della città. Tanto per fare un paio di nomi, all’interno dei confini di Jongno troviamo i palazzi reali Kyŏngbokkung e Ch’angdŏkkung, i deliziosi quartieri di Insadong e Samch’ongdong, l’Università Sŏngkyunkwan (la più antica del paese), il Ch’ŏng’wadae, residenza del Presidente della Repubblica, il municipio di Seoul[1] e la parte iniziale del Ch’ŏnggyech’ŏn,  simbolo del recente rinnovamento urbano della città.

I luoghi che ho elencato sono tutti nella zona “sud” del distretto e sono particolarmente semplici da raggiungere con i mezzi di trasporto pubblici (ci arrivano almeno una decina di fermate della metropolitana), ed è di solito lì che giro con maggiore frequenza. Stavolta, tuttavia, mi sono spinto più a nord, costeggiando il Monte Bukak (Bukaksan北岳山) sul fianco occidentale, scoprendo una zona della città veramente unica e deliziosa.

Qui vivono i cattivi. Sullo sfondo, il Bukaksan!

Una fontana patriottica

Sabato è stato il turno del Ch’angŭimun, una delle porte minori di quella che in epoca Chosŏn era la cinta muraria di Seoul (ora ne rimangono solo pezzi sparsi, tipo quelli sull’Inwangsan di cui tratterò un’altra volta). Il Ch’angŭimun in sé è piuttosto piccolo, ma l’area circostante, sorprendentemente curata, è l’ideale per delle passeggiate rilassanti. Tutt’attorno ci sono parecchi caffè e ristoranti celebri e, soprattutto, altri monumenti risalenti al periodo Chosŏn (ville nobiliari, resti della cinta muraria di Seoul, una serie di piccoli monasteri buddhisti, ecc.) che mi ripropongo di visitare quanto prima. Convinto che la strada fino alla Porta fosse breve, me la sono intatti fatta a piedi dalla stazione della metro del Kyŏngbokkung, una scalata di un’ora e mezza (mi sono pure perso un paio di volte) che mi ha segato le gambe. Pertanto dopo una mezz’oretta spesa nei pressi della Porta mi sono spostato un po’ più a nord nell’area dei ristoranti, godendomi una lite verbale tra vecchierelli mentre bevevo una bevanda alla mela. (“야! 이 씨발놈아!”[2] ininterrotto per 30 minuti buoni, e i bastoni da passeggio scompostamente agitati in aria, <3).

[Una nota sulla strada che porta al Ch’angŭimun: buona parte del monte è occupata da una base dell’esercito e, sebbene la recinzione (una semplice rete con un po’ di filo spinato in cima) permetta di vedere dentro senza problema alcuno, un paio di cartelli qua e là lungo la strada ci ricordavo che, per ragioni di sicurezza nazionale, è “proibito fotografare in direzione del Bukaksan”. Immagino che il compito di controllare che la gente rispetti il divieto spetti alla coppia di cervi che ho visto gironzolare all’interno della recinzione, gli unici esseri viventi manifestatisi da quel lato del mondo. Compito che, se gli è stato realmente assegnato, i due simpatici ruminanti svolgono invero in modo piuttosto farraginoso, se si considera che sullo street-view di Daum la base è visibile senza problema alcuno.]

La domenica l’ho passata principalmente nel Museo del Palazzo presso il Kyŏngbokkung; museo che con l’area qui presa in esame c’entra poco, quindi vi risparmio la cronaca della visita.

La porta, dal lato della città

La porta, dal lato esterno

Dove si consuma bevande osservando i vecchietti litigare

Il vecchierello che ha perso

Lunedì pomeriggio, su consiglio=imposizione del mio relatore mi sono trovato nuovamente nell’area nord di Jongno, per assistere a una lezione sulla storia dell’arte della Via della Seta presso il museo Hwajeong. Stavolta, anche considerato che la meta era ben più distante del Ch’angŭimun, non ci ho pensato due volte e son saltato sull’autobus (per chi fosse interessato, il 1020 o il 1711, si prende all’uscita 1 della stazione metro del Kyŏngbokkung) .

Il museo ha una discreta collezione di opere scultoree e pittoriche coreane, cinesi e tibetane, oltre che un sito che con le sue orribili animazioni e musichette di sottofondo è capace di mettere alla prova la pazienza della persona più calma dell’universo. La lezione in sé, interamente incentrata su confronti formalistici tra manufatti di diverse aree ed epoche, era così brillante che l’ho abbandonata alla prima occasione buona (mi perdoni, professor Kwon Young-pil, ma non siamo più nel XIX secolo!). Quindi ho fatto un giro nel museo e, di seguito, una passeggiata serale nel quartiere circostante. Niente monumenti particolarmente degni di nota (la cosa che più ci si avvicina è un minuscolo monastero buddhista contemporaneo nascosto tra gli appartamenti circostanti, il Samgaksa 三角寺, che purtroppo data l’ora era chiuso), ma un’atmosfera serena e rilassata, che a tratti mi ha addirittura ricordato alcuni scorci di Kyōto, come mai mi era capitato prima d’oggi di trovare a Seoul.

Lunedì sera

Il museo Hwajeong

Nei pressi del Municipio

In conclusione, mi piace girare per musei e fare passeggiate in aree tranquille e con poca gente: insomma, sono vecchio.


[1] Quello che stanno ampliando una raccapricciante struttura a “onda” in ferraglia e pannelli variopinti che con Jongno c’entrano come i cavoli a merenda, contenti loro…

[2] “simpatico giocherellone”.