Archive for the Asia Orientale Category

…che per fortuna le parole non si mangiano, ossia Il ritorno dei cartelli: Frammenti di Genio 3

Posted in Asia Orientale, corea, Delizie coreane, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 11 luglio 2015 by patatromb

Nel remoto 2012 ebbi modo di pubblicare ben due popolarissimi!!!!! interventi dedicati alla straordinaria capacità dei coreani di realizzare cartelli che non dovrebbero esistere. Che poi a dirla tutta fino a cinque minuti fa, quando ho controllato le foto ivi pubblicate, ero convinto che fosse passato molto meno tempo, e questo basti a rendere l’idea di quanto mi sia curato di questo blog negli ultimi due/tre anni.
MA! In realtà ho sempre continuato a pensare a Interventi da Seoul, che è tipo mio figlio, anche se io non ho figli e quindi non ho idea di come ci si senta ad averne, ma insomma in questi tre lunghi anni la mia macchinetta fotografica e il mio cellulare hanno continuato a scattare senza sosta foto da presentare a voi, il mio amatissimo e selezionatissimo pubblico (mia mamma, mia sorella e quei due disgraziati che ogni anno finisco qui per qualche sciagurata decisione degli algoritmi di Google); e oggi, finalmente, è arrivato il momento di tornare a pubblicarle!

(. )( .)

Una delle catene di fast-food che preferisco, pur non mangiandoci mai, è senz’altro New York Hot Dog, a garanzia della cui qualità non posso non presentare il seguente scritto, che decorava una vetrina del negozio vicino all’ingresso dell’università Sŏnggyun’gwan di Seoul (negozio che potrebbe non esistere più). Segue traduzione così anche la mamma può apprezzare.

“New York hotdog la salute
degli uomini di oggi che sono
fatti di manzo 100% e apprendono/arrestano
una piccola caloria è garantita
senza che faccia e costruisca
usando un termine di vapore individuale
carnosità della caratteristica è anche più soffice”

Bontà!

The Best Hot Dog in Korea?

Se dopo la scorpacciata a base dell’ottima, sofficissima carne di manzo umana del New York Hot dog doveste avere ancora un po’ di fame, vi suggerisco uno spuntino alla mensa del dormitorio dell’Università di Seoul, quella gestita da Our Home, azienda coreana leader nel campo del servizio ristorazione, nota per lo straordinario rapporto prezzo–qualità (ingiustificatamente alto il primo, pessima la seconda). Se sarete fortunati, potreste trovare della prelibata razza, razza farfalla (in coreano, “zuppa di pesce piccante”).

짬뽕 맛있다~~~~~

Menu Happy Zone! da Our Home si mangia davvero come a casa!

E dopo esserci riempiti la pancia fino a scoppiare, è ora di una buona bevanda per digerire a dovere. Se non sapete dove andare, lasciate che vi consigli un paio di posticini come Dio comanda:

culcom1

Café CulCom, sempre aperto!

Caffé CULatte, un nome una garanzia

Caffé CULatte, un nome una garanzia

Riguardo al menù, beh, ho sicuramente il consiglio giusto per voi: un drink non complicato, tipo ad esempio una buona tazza di brownie o un bel boccale di aceto, e digestione e allegria perenne saranno garantite!

Drink buoni, freschi e non complicati: Caffé, bevanda, torta, brownie, aceto. OK

Drink buoni, freschi e non complicati: Caffé, bevanda, torta, brownie, aceto. OK

Colpo grosso al Museo Nazionale di Seoul

Posted in Arte, Asia Orientale, Buddhismo, corea with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 17 luglio 2014 by patatromb

Che il celebre programma condotto da Umberto Smaila fosse stato all’epoca un successo internazionale incredibile, mai più eguagliato da nessuna trasmissione italiana, è un fatto ben noto, testimoniato sia dalle varie localizzazioni estere del programma, sia dall’esportazione delle puntate originali per i mercati di Giappone e Turchia (fonte attendibilissima).

Quello che forse non tutti sanno è che in Corea l’apprezzamento per il programma ma soprattutto per il suo conduttore fu tale che, come dimostra chiaramente la scultura che riporto qui di seguito e che fa parte della collezione del Museo Nazionale di Seoul, il fascinoso Umberto divenne addirittura oggetto di culto alla stregua di un santo.

Un  uomo che ti rende fiero di essere italiano e, accanto, un primo piano di Umberto Smaila

Un uomo che ti rende fiero di essere italiano e, accanto, un primo piano di Umberto Smaila

Il nostro circondato da alcune eleganti signore in una foto d'epoca. Il meglio della cultura italiana in una sola immagine

Il nostro circondato da alcune eleganti signore in una foto d’epoca. Il meglio della cultura italiana in un pugno di pixel

 

 

(oh, prima che me lo veniate a chiedere, preciso che non tutto quello che sta scritto in queste righe è necessariamente vero.)

Il Maitreya del monte Gwanak e altre importanti esperienze montane

Posted in Asia Orientale, Buddhismo, corea, Gite, Wisdom with tags , , , , , , , , , , , , on 7 luglio 2014 by patatromb

Questa è la storia di un uomo e della sua Ricerca della Via.

Avendo recentemente acquistato la macchinetta fotografica nuova e non avendo nessuna esperienza nel suo utilizzo, ieri l’altro anziché andare in studio a compiere il mio dovere ho deciso di uscire e fare qualche scatto qua e là in giro per il mondo, che in Corea è sinonimo di montagna.

Se per scendere dal dormitorio dell’università alla città vera e propria si prende il bus, ad un certo punto si arriva al Girello della morte, un capolavoro di pianificazione di percorso mezzi pubblici che solo un coreano avrebbe potuto concepire.

Ecco, proprio nei pressi del Girello della morte vi è un grosso cartello stradale che indica la presenza, da qualche parte sulle pendici del monte che sorge a est del dormitorio, di un bassorilievo rappresentante Maitreya in forma di Buddha, con tutto ciò che questo comporta. Io ‘sto cartello l’avevo adocchiato già 5 o 6 anni fa e una volta, credo corresse il 2010, avevo pure provato a cercare dato bassorilievo, poi in quell’occasione l’unica cosa degna di nota che riuscii a trovare fu un colossale scoiattolo coreano intento a fare robe e che potete ammirare nello spettacolare video naturalistico qui sotto.

La fallimentare spedizione di qualche anno fa mi aveva deluso tanto da farmi rinunziare a qualsivoglia ulteriore tentativo di scalata, convinto com’ero che l’esistenza del Maitreya del monte Gwanak altro non fosse che una leggenda metropolitana. Ritrovati tuttavia forza e coraggio grazie alla gagliarda potenza derivante dal mio nuovo acquisto, venerdì alle due del pomeriggio mi son messo in marcia, scendendo a piedi fino al Girello della morte e da lì oltre, passando di fronte alla spettacolare “chiesa” che da anni campeggia fiera e insensata nello header di questo blog, degna metafora di quanto di decadente e triste esiste in questo paese.

Decadenza e fede: la chiesa protestante Chungŭn da qualche parte a Seoul

Decadenza e fede: la chiesa protestante Chungŭn da qualche parte a Seoul

 

Finché la strada era asfaltata vabbè, non ho incontrato grossi ostacoli. Qualche problema è invece sorto quando, finalmente penetrato nel bosco, ho provato a cercare il percorso che porta al bassorilievo. Perché sì, ovviamente esistono dei sentieri battuti, e ci sono anche dei cartelli che, qua e là, dovrebbero indicare la strada per il monumento. Il problema è che le anime pie che si sono occupate di prepararli e posizionarli a) non hanno pensato che i cartelli andrebbero idealmente messi ai bivi/incroci, e non sui rettilinei e b) hanno deciso di realizzarli con una certa creatività, per cui talvolta per arrivare a un determinato luogo bisogna seguire le indicazioni per un altro.

Qua tipo siamo ancora all'inizio del percorso e ci sono delle scale vere

Qua tipo siamo ancora all’inizio del percorso e ci sono delle scale vere

 

Io in ogni caso ho innanzitutto provato a cercare col cellulare il percorso sulle mappe di Naver, il celebre portale internet coreano: qui di sotto vedete il risultato della ricerca: una linea semi-retta in mezzo al niente.

Chiarezza alla coreana 1

Chiarezza alla coreana 1: si parte dalla svastica e si arriva alla A

Chiarezza alla coreana 2:  vai sempre dritto che poi arrivi!

Chiarezza alla coreana 2: vai sempre dritto che poi arrivi!

 

All’inizio ho anche dato retta alla mappina digitale, che mi aveva persuaso dell’esistenza di un’unica, facile via, poi al quarto bivio non segnalato ho lentamente ma inesorabilmente iniziato a metterne in dubbio l’attendibilità, per poi abbandonarla mestamente dopo circa un’ora di scalata disperata e inane. Certo, io magari avrei anche potuto evitare di prendere la via sbagliata ogni volta in cui ciò era possibile allungando a dismisura il percorso, ma questa è un’altra storia.

Dopo un certo punto è tutto così e sfido a non perdersi

Dopo un certo punto è tutto così e sfido a non perdersi (clicca la foto per poter meglio osservare una vecchia scalatrice coreana all’opera)

Stando ai cartelli presenti qua e là lungo il percorso, il bassorilievo si trova a circa 1200 metri dal Girello della morte, che tipo se ci metti una mezz’ora a percorrerli è tanto. Dopo un’ora e venti dalla partenza, che ancora non si intravvedeva nulla che non fossero alberi o rocce, mi sono seduto sconsolato su una pietra, attendendo il passaggio di qualche sant’uomo a cui chiedere indicazioni. Dopo un quarto d’ora abbondante di solitudine è comparso un giovane uomo grondante sudore il quale, sentendosi rivolgere la parola da un uomo bianco, ha innanzitutto mostrato un’espressione scioccata, ha poi dichiarato farfugliando di non aver idea di che cosa stessi parlando, ed è infine fuggito con inusitata celerità lasciandomi solo come l’ultima fetta di salame che nessuno vuole mangiare. Passato qualche altro minuto sono comparse tre signore di una certa età, di cui la più vecchia a piedi nudi, però visto che stavano parlando di suocere che vogliono cacciare il marito di casa e di consorti fedifraghi, non ho avuto cuore di interrompere il loro importante dibattito per richiedere indicazioni.

 

Qua e là ne ho approfittato per scattare qualche foto artistica, tipo qua si vede grosso modo come è fatta una città più grande di Gorizia

Qua e là ne ho approfittato per scattare qualche foto artistica, tipo qua si vede come è fatta una città più grande di Gorizia (cliccaci sopra altrimenti non si capisce nulla)

Alberi e rocce

Alberi e rocce

Una suggestiva immagine megaeffettata

Una suggestiva immagine megaeffettata

Altri palazzoni: i coreani adorano i palazzoni

Altri palazzoni: i coreani adorano i palazzoni

 

Quando oramai iniziavo a disperare, l’illuminazione: vuoi vedere che da qualche parte sulla rete si trovano le spiegazioni scritte su come arrivare a destinazione? E cerca che ti cerca (siano benedetti gli smartphone), ho effettivamente trovato quello che mi serviva sul sito dell’ufficio distrettuale di Gwanak (che è il “quartiere” di Seoul dove sta tutta la roba di cui parlo in queste pagine). Ecco, qui sotto riporto per voi “How to easily find Boncheon-dong Maaemireukbul”, spero apprezziate quanto me lo spirito di internazionalità e la chiarezza esplicativa di cui esso è infuso.

How to easily find qualche cosa!

How to easily find qualche cosa!

 

Anche se nessuno mi crederà, questo sgranatissimo file .jpg mi ha realmente aiutato ad arrivare dalle parti del Buddo (sarebbe forse più corretto dare il merito alle didascalie sotto le fotine, e vi auguro a decifrare ‘sta roba su uno schermo a 4 pollici). Dico “dalle parti di” e non “al” perché le indicazioni sono relativamente chiare solo fino al terzo punto della miniguida: in sostanza seguendole si riesce ad arrivare al campo di lavori forzati “Sangbong Yaksutŏ” (di cui parleremo in un’altra occasione), poi però ci sta scritto “una volta arrivato lì., da quapparte ci sta una certa stradina e se la si piglia si arriva al monumento” (e vai tu a capire cosa ci sta nella terza foto che “mostra” il ‘quapparte’), che son quelle cose che ti fanno dubitare delle capacità intellettive dei coreani.

Qui, da qualche parte!

Qui, da qualche parte!

 

L’unica strada che ho trovato parte giusto dietro a una struttura colonizzata da un gruppo di atletiche nonnine che, scopo ultimo dell’alpinismo in Corea, si stavano allegramente ubriacando di soju e makkŏlli. Convinto di avercela finalmente fatta, mi sono immesso sulla suddetta stradina e ho iniziato a salire, salire, salire: dieci minuti dopo, trovandomi di fronte a una piccola trincea militare e dei misteriosi tubi neri parzialmente nascosti nel terreno, ho realizzato come, evidentemente, non fosse nemmeno quella la strada che stavo cercando. E così retromarcia, non ci resta altro da fare che chiedere alle vecchie ubriache!

Simpatica trincea, metti che un giorno i nord coreani decidono di attaccare il monte Gwanak

Simpatica trincea, metti che un giorno i nord coreani decidono di attaccare il monte Gwanak

 

Eh, appunto le vecchie: mentre tornavo al punto di partenza una di loro, infischiandosene o forse ignara del fatto che mi trovavo a non oltre una quindicina di metri di distanza da lei in posizione sopraelevata e con una visuale perfetta, ha deciso di calarsi le braghe e di liberare la vescica nel bel mezzo della natura: io appena realizzato quanto stava accadendo di fronte ai miei occhi ho immediatamente cercato di volgere altrove lo sguardo ma già so che quei pochi, agghiaccianti istanti in cui mi è toccato vedere quello che ho visto mi perseguiteranno vita natural durante.

Come che sia, effettivamente le eleganti signore sapevano dove si trova il buon Maitreya del monte Gwanak e una di loro, quella meno alticcia, mi ha pure accompagnato lungo una parte del percorso (che già oggi non sarei in grado di ritrovare): e così, dopo solo due ore e venti, ero finalmente di fronte alla tanto agognata opera d’arte. La targa con le informazioni sul Buddha presente in situ è fornita di una traduzione in un inglese sorprendentemente buono, quindi senza che mi dilunghi in descrizioni e robe ve la piazzo qui sotto e via, poi così potete pure indirettamente apprezzare il sottoscritto in essa riflesso, ulteriore incentivo a cliccare l’immagine e ammirarla/mi in tutto il suo/mio splendore.

Bellezza e informazioni utili, tutto in una foto!

Bellezza e informazioni utili, tutto in una sola foto!

Maitreya pigliato di fianco

Maitreya pigliato di fianco (봉천동 마애 미륵불좌상)

Maitreya in tutto il suo splendore, che se ne frega di te e guarda da un'altra parte

Maitreya in tutto il suo splendore, che se ne frega di te e guarda da un’altra parte

 

Un topos della letteratura buddhista vede il monaco pellegrino di turno incontrare, nel bel mezzo di un monte sperduto e disabitato, una figura misteriosa -di solito un anziano o un asceta dall’aspetto bizzarro- che lo guida in un luogo favoloso in cui il Dharma è pienamente realizzato: inutile dire che tale figura altri non è che un bodhisattva in incognito, che appena compiuto il suo dovere, vale a dire rendere manifesta in forma tangibile al pellegrino la validità e verità degli insegnamenti buddhisti, svanisce nel nulla, come fosse nebbia.

Mentre ammiravo il bassorilievo anche io ho provato un’esperienza affine, anche se l’ordine degli eventi e il loro risultato sono stati un po’ differenti. Ad un certo punto, infatti, è comparso dal nulla un signore che ha preso a dirmi cose. Tante cose. A ruota libera, e la saggezza sgorgava copiosa dalle sue labbra, una saggezza propria solo dei bodhisattva. Per mezzo delle sue profonde e oculate parole, egli si è rivelato, nell’ordine, un filosofo di prim’ordine (“a me piacciono le montagne perché sono come la vita, un po’ si va su, un po’ si va giù”), un sociologo d’eccezione (“la Corea è un grande paese perché c’abbiamo il senso di etnicità e dunque siamo un popolo unito!”) e un finissimo analista politico (“[problema X] è colpa dei giapponesi!!1!!1!!”). È anche stato tanto magnanimo da offrirmi metà del suo dolcetto farcito con pastone ipercalorico colloso di fagioli dolci, certo se magari avessi avuto qualcosa da bere forse lo avrei anche apprezzato di più e non avrei rischiato a più riprese di morire per soffocamento da fagioli.

Alcuni pensano che Seoul sia sul mare

Alcuni pensano che Seoul sia sul mare

 

Dopo una mezz’ora abbondante, così com’era comparso, il Portatore di Saggezza decise che era giunto il momento di congedarsi, non prima però di meco condividere i suoi preziosi consigli su come tornare a valle, ché nel frattempo si stava anche facendo sera e magari non era il caso di restare intrappolati nel bosco avvolto dalle tenebre.
“Signore, so che ci dovrebbe essere un sentiero che porta direttamente al dormitorio, giusto?”
“No, non c’è. Devi fare tutta la strada a ritroso fino al Girello della morte, io questa montagna la conosco bene e non esiste proprio una strada che va fino all’università”, che se gli davo retta mi sa che la protezione civile stava ancora a cercarmi, grazie al cielo tempo cinque minuti e ho subito trovato il percorso diretto al dormitorio: un percorso pratico e veloce e che a parte che ad un certo punto mi stavo per maciullare la caviglia sinistra, mi riportò in appena una ventina minuti nel mondo civilizzato, e quindi uscii a riveder la strada.

The end

The end

2013 fuori dalle scatole + bontà coreane (special edition)

Posted in Asia Orientale, corea, Delizie coreane, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 31 dicembre 2013 by patatromb

E così, finalmente, anche questo 2013 se ne è andato! Quali sono i vostri sentimenti a riguardo, cari lettori? Siete tristi? Felici? No comment?

Per quanto mi riguarda, non vedevo l’ora di togliermelo dalle scatole, quest’anno disastroso[1]! Anzi, visto che tra una mezz’oretta al massimo parto per andare a festeggiarne come si deve la conclusione, sarebbe anche meglio se mi muovessi a prepararmi! E voi che farete stasera? Cosa? Non avete ancora un programma? Tutti i ristoranti dove avete provato a prenotare erano già pieni? Nessun menù vi convinceva? Uhm…

Beh, se vi trovate dalle parti di Seoul, ce l’ho io la soluzione per voi! Perché non provare con un bel vino set e un delizioso piatto di anti bue con rucola, la nuova frontiera della cucina italo-coreana? Se siete interessati, contattatemi, magari ci andiamo assieme!

antibue

Anti bue con rucola, il vero piatto alternativo del capodanno 2014!

E mo’ vado davvero che è tardi! Buon anno nuovo, olè!


[1]Questo nonostante sia riuscito a recuperare nella sua interezza (5 voll.) il più bel romanzo giapponese di sempre, e posso dirlo pur non avendone finora letto che un decimo. Ma di questo parleremo in futuro, che ora non c’è tempo!

Una scuola per veri uomini

Posted in Asia Orientale, corea, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , on 7 luglio 2013 by patatromb
La prestigiosa Pene SCHOOL di Seoul

La prestigiosa Pene SCHOOL di Hongdae, a Seoul, dove potrete imparare tutto, ma proprio tutto, sulla disciplina del Pene Menn

Amsa-dong: reperti archeologici e casette ricostruite

Posted in Arte, Asia Orientale, corea, Gite, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 23 giugno 2013 by patatromb

Il 16 giugno 2013 sono andato al parco archeologico di Amsa-dong (tong) a Seoul, che è dove ci sono i resti di vari accampamenti del periodo neolitico, e ho girato un pregevole filmino che vado ora a sottoporvi.

Prima, però, una piccola introduzione, così capite di cosa stiamo parlando.

Il parco si trova, chi l’avrebbe mai detto, nel quartiere di Amsa-dong, sul confine orientale della città a due passi dalla riva meridionale del fiume Han, e sorge lì ove una volta tanti, tanti anni fa i coreani della preistoria vivevano felicemente nelle loro rudimentali casette di legno e paglia. Il sito venne fortuitamente scoperto nel 1925, quando un acquazzone di quelli che ci sono da queste parti[1] portò via tanta di quella terra da riportare in superficie diversi antichi strati di terreno (risalenti a un periodo che va dal 4400 al 1500 a.C. circa) con dei grossi buchi tondi in mezzo, del diametro di circa 5/6 metri l’uno. Detti buchi (finora ne sono stati scoperti una trentina) sono in realtà le fosse che fungevano da “base” delle abitazioni delle popolazioni neolitiche locali e, comprensibilmente, numerosi manufatti (in particolare vasellame e strumenti in pietra) sono stati ritrovati un po’ ovunque nell’area.

Il parco, a cui si può accedere previo pagamento di biglietto d’ingresso di 500 won, è dotato di diverse attrazioni, tra le quali le più importanti sono un gruppo di nove abitazioni neolitiche ricostruite nella loro forma “originale” così come ipotizzata degli studiosi e la sala esposizioni, divisa in due ali separate, in cui sono troviamo numerosi reperti disseppelliti in loco, alcuni simpaticissimi diorami, una serie di quei già citati “buchi” e tanti, tanti marmocchi fracassoni.

Ma ora bando alle ciance e vediamo un po’ ‘sto filmino!

 

Nel filmato si vedono, nell’ordine, l’ingresso del parco coi vecchi coreani che ascoltano musica per vecchi coreani, la strada che porta alle ricostruzioni delle abitazioni neolitiche, le ricostruzioni delle abitazioni neolitiche, l’interno di una delle ricostruzioni delle abitazioni neolitiche con tanto di ricostruzione di un’allegra famigliola neolitica, un’allegra famigliola contemporanea che mi viene incontro, l’ala A della sala esposizioni, i bambini rumorosi al suo interno e, per finire, un ultimo scorcio dell'”area sperimentale”, dove in teoria i bimbi possono provare a vivere come i primitivi ma in realtà c’erano solo altre ricostruzioni di abitazioni neolitiche, qualche manichino variopinto e tanto, tanto caldo.

Oltre a girare il filmino, ho anche scattato delle fotografie, diamo un’occhiata veloce pure a quelle così poi possiamo tornare a fare qualcosa di utile.

La fermata della metro Amsa, dove dovete scendere per visitare il parco. Se vi piacciono gli hamburger, potete mangiare al Burger King lì davanti, ma non è necessario

La fermata della metro Amsa, dove dovete scendere per visitare il parco. Se vi piacciono gli hamburger, potete mangiare al Burger King lì davanti, ma non è obbligatorio.

I classici palazzoni coreani lungo la strada verso il parco

I classici palazzoni coreani lungo la strada verso il parco

La biglietteria! In realtà nessuno controlla i biglietti all'ingresso, quindi se siete dei balordi senza vergogna potreste provare a entrare senza pagare.

La biglietteria! In realtà nessuno controlla i biglietti all’ingresso, quindi se siete dei balordi senza vergogna potreste provare a entrare senza pagare.

Casette, le stesse che avete già visto nel filmino.

Casette, le stesse che avete già visto nel filmino.

In Corea hanno la mania dei timbrini turistici e, prevedibilmente, ci sono anche qua.

In Corea hanno la mania dei timbrini turistici e, prevedibilmente, ci sono anche qua.

Dentro alla sala esposizioni, ala A

Dentro alla sala esposizioni, ala A

Cosi per fare il fuoco

Cosi per fare il fuoco

Cosi per pescare i pesci (balene, a giudicare dalle dimensioni)

Cosi per pescare i pesci (balene, a giudicare dalle dimensioni)

Cosi per infilarci dentro la roba

Cosi per infilarci dentro la roba

Per capire come si seppellivano i morti all'epoca.

Per capire come si seppellivano i morti all’epoca.

Per far vedere come coltivavano la terra (notate lo scansafatiche stravaccato per terra)

Per far vedere come coltivavano la terra (notate lo scansafatiche stravaccato per terra)

Per far capire come pescavano

Per far capire come pescavano

Immagini in 3D dall'incredibile realismo.

Immagini in 3D dall’incredibile realismo. Si notino in particolare le pose plastiche dei primitivi cacciatori e dei cervi qui ritratti.

Io e un signore coreano addormentato in una posa particolarmente virile.

Io e un signore coreano addormentato in una posa particolarmente virile.

Un simpatico cinghiale impalato. Non preoccupatevi, è solo un modellino!

Un simpatico cinghiale impalato. Non preoccupatevi, è solo un modellino!

Una rivelazione incredibile! Nella Corea del Neolitico gli pterodattili non erano ancora estinti!

Una rivelazione incredibile! Nella Corea del Neolitico gli pterodattili non erano ancora estinti!

——

Se mai voleste passare da queste parti, pigliate la metropolitana e scendete alla fermata Amsa-dong della linea 8[2] e da lì o vi fate una passeggiatona di venti minuti partendo dall’uscita quattro (sempre dritti!) oppure se siete furbi prendete il tassì o il bus (il numero 02) giusto davanti all’uscita 1, così arrivate a destinazione belli freschi che quando come domenica scorsa a Seoul fa caldo camminare per più di cinque minuti non è cosa, a meno che non amiate le ascelle pezzate.

***


[1]In realtà si è trattato di una serie di alluvioni susseguitesi tra il luglio e il settembre del 1925, note con il nome collettivo di Grande alluvione dell’anno Ŭlch’uk (乙丑年大洪水).

[2]Tecnicamente non è una fermata, bensì il capolinea, ma questi sono solo dettagli insignificanti.

2557!

Posted in Asia Orientale, Buddhismo, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 17 Maggio 2013 by patatromb
"Presto, venite a lavarmi!"

“Presto, venite a lavarmi!”

Auguri!

Tutti a Ch’ŏrwŏn!

Posted in Arte, Asia Orientale, Buddhismo, corea, Gite, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 15 Maggio 2013 by patatromb

Due domeniche fa, era una bella, profumosa giornata primaverile, gli unici passeggeri della corriera diretta verso Ch’ŏrwŏn erano il sottoscritto, il giovane K.Y.W. (noto anche come il ragazzo dagli occhi protrusi) e alcune solitarie ragazzette pensierose. Sorge spontaneo chiedersi perché mai, in una così raidosa giornata, delle fanciulle nel fiore degli anni dovrebbero dirigersi verso un desolato, spoglio e decrepito paesotto del Kangwŏn-to a quattro passi dal confine con la Corea del Nord. ‘Sicuramente seguivano te e il baldo K.Y.W. (noto anche come il ragazzo dagli occhi da cerbiatto)’, avrete probabilmente pensato voi che leggete: tuttavia la risposta più ovvia, ahinoi, non sempre è quella corretta.

Il giovane K.Y.W. a bordo di un'affollata corriera

Il giovane K.Y.W. a bordo di un’affollata corriera

Da quapparte in Corea

Da quapparte in Corea

Come ho già avuto modo di notare in precedenza, Ch’ŏrwŏn è ben vicina al confine con la riottosa sorella socialista della Corea del Sud e tutta la zona che la circonda è conseguentemente (e comprensibilmente) piena zeppa di basi militari, basi militari che a loro volta sono piene zeppe di gagliardi soldati di leva che si addestrano a spezzar le reni agli empi sudditi di Kim Chŏngŭn (=Kim Jong-un)! Prima di partire per il servizio militare (che in queste terre dura ben due anni) alcuni di loro avevano trovato la fidanzatina e, tra questi, i più fortunati erano riusciti a non farsi lasciare al momento della partenza. Le nostre compagne di viaggio, lo avrete a questo punto oramai capito, sono alcune di quelle fidanzatine, donne modello che non solo sono tanto pazienti da attendere un lungo biennio prima di poter riavere indietro il loro principe azzurro (nel frattempo divenuto nella maggior parte dei casi un bestemmiatore tabagista amante dell’alcool), ma che sono anche tanto magnanime da sacrificare il loro fine settimana per andare a trovare nel nulla più assoluto suddetto principe azzurro: ad avercene, di donne così!

Una base militare abilmente mimetizzata nell'ambiente

Una base militare abilmente mimetizzata nell’ambiente

Detto questo, sorgerà spontanea un’altra domanda, vale a dire, cosa ci stavano dunque a fare su quell’autobus il buon Marco e il giovane K.Y.W. (noto anche come il ragazzo dallo sguardo che incanta)? ‘Forse andavano a trovare anche loro dei fidanzatini in servizio di leva’, avrà pensato il lettore più smaliziato, lettore che, tuttavia, mi vedo nuovamente costretto a contraddire.

Dovete sapere che, non molto distante da Ch’ŏrwŏn, sorge il Dop’iansa (倒彼岸寺), monastero buddhista ove è conservata una statua in ferro datata al 865, identificata da tutti gli storici dell’arte coreana[1] come un Vairocana in chigwon’in (智拳印, vajra mudrā in finto sanscrito, una roba complicata che non sto a spiegarvi qui perché sennò non finiamo più, in sostanza si tratta di un Buddha assiso che alza le mani all’altezza del petto pigliandosi l’indice della mano sinistra con tutta la mano destra stretta a pugno).

Voi, ne sono moderatamente certo, questa statua non l’avete mai nemmeno sentita nominare ma vi prego lo stesso di credermi quando vi dico che si tratta di una di quelle opere fondamentali che compaiono in tutti i libri di storia dell’arte coreana. Noi due maschietti, lo avrete a questo punto oramai capito, eravamo diretti verso il Dop’iansa che per inciso è, visto il luogo dimenticato da Dio in cui sorge, uno di quei posti che tutti conoscono ma che nessuno ha mai visitato.

Il glorioso terminal del villaggio di Tongsong, capolinea della corriera

Il glorioso terminal del villaggio di Tongsong, capolinea della corriera

Un pensiero gentile rivolto a tutte le coppiette separate dalla naja

Alle spalle del terminal, un pensiero gentile rivolto a tutte le coppiette separate dalla naja

Il nostro pranzo

Il nostro pranzo

Prima di andare ad ammirare la statua di cui sopra, tuttavia, ne abbiamo approfittato per fare una capatina all’altro monumento di Ch’ŏrwŏn, il Nodongdang-sa (勞動黨舍), cioè l’Ufficio del Partito dei Lavoratori. Con “Partito dei Lavoratori” ci si riferisce ovviamente al Partito dei Lavoratori della Corea del Nord, ‘ché nel 1946, quando questo edificio venne eretto, qua era tutta terra comunista! Ai tempi  della Guerra di Corea gli ammeregani e i loro alleati sudcoreani si erano convinti che qua dentro ci fosse chissà cosa, concentrando così (con successo) tutta la loro forza per la presa dell’”Ufficio” in questione. Ora è tutto in rovina, colle pareti completamente crivellate di colpi e la scalinata di accesso sbriciolata dai cingoli di un carro armato, e chissà all’epoca quanti morti L.

Il Nodongdang-sa. K.Y.W. si è lamentato che col bel tempo perde tutta l'aura di malvagità che dovrebbe avere

Il Nodongdang-sa. K.Y.W. si è lamentato che col bel tempo perde tutta l’aura di malvagità che dovrebbe avere

Come ben sapete, i coreani (del Sud) tendono a smantellare qualsiasi edificio non gli vada ideologicamente a genio, dunque come mai questo Nodongdang-sa è ancora in piedi? La risposta, stando al giovane K.Y.W., è che da una parte l’edificio viene sfruttato in funzione propagandistica (“guardate! I cattivi comunisti qua dentro facevano cose cattivissime! BRR!”), dall’altra bisogna tenere presente che, fino alla fine degli anni ’80, l’accesso a tutta l’area a nord di Ch’ŏrwŏn City era interdetto ai civili, ergo non c’era né la necessità di, né la manovalanza adatta a demolire l’edificio che, nel frattempo, è stato registrato come bene culturale e quindi resterà qui finché regge.

Tatatatatà! Una colonna che, pur se crivellata di colpi, non si è piegata al nemico!

Tatatatatà! Una colonna che, pur se crivellata di colpi, non si è piegata al nemico!

Uno sguardo dal retro

Uno sguardo dal retro

Ecco cosa succede a salire le scale col carrarmato

Ecco cosa succede a salire le scale col carrarmato

La trafficata strada da e per il Nodongdang-sa

La trafficata strada da e per il Nodongdang-sa

Al Nodongdang-sa ci siamo arrivati nella maniera più comoda e veloce possibile, vale a dire in tassì, mentre da qui al Dop’iansa ce la siamo fatta a piedi (tanto sono solo tre chilometri!). Lungo la strada ci siamo casualmente imbattuti nelle rovine di un altro edificio “storico”, la Chiesa metodista di Ch’ŏrwŏn, fondata del 1936 e andata distrutta nemmeno una ventina di anni dopo, ovviamente ai tempi della solita Guerra di Corea. Io e il giovane K.W.Y. abbiamo approfittato della fortuita scoperta per scattare alcune pregevoli fotografie che potete di seguito ammirare.

Io in una delle mie pose migliori

Io in una delle mie pose migliori

Il giovane K.Y.W. in una delle sue pose migliori

Il giovane K.Y.W. in una delle sue pose migliori

Spettacolare foto con effetto

Spettacolare foto con effetto

Il monumento in tutta la sua imponenza

Il monumento in tutta la sua imponenza

Risaie

Risaie

Ci siamo quasi

Ci siamo quasi

Un’ora dopo, sudati, assetati e sfiancati dall’inaspettatamente afosa aria di queste terre selvagge  delle risaie di Ch’ŏrwŏn, siamo arrivati al Dop’iansa. Oltre al Vairocana in ferro di cui vi ho già parlato, presso il Dop’iansa si trova anche un altro famoso monumento antico, una pagoda il pietra di cui non si sa niente di preciso e che per questo motivo viene ritenuta da tutti coeva alla nostra cara statua (sì, non c’è logica dietro a questa tecnica di datazione). I vari libri se la sbrigano descrivendola come uno dei massimi capolavori nel suo genere, glissando inspiegabilmente sul curioso senso di instabilità che ne emana, ma tant’è. La pagoda è da qualche anno salita alla ribalta (!) perché in essa sono stati avvistati a più riprese (!!) i BODHISATTVA AUREI (!!!), che non ne sapevo niente e all’inizio mi sono tutto eccitato ma poi ho scoperto che in realtà si tratta di una coppia di ranocchi <sic> che di tanto in tanto sbuca da una fessura della pagoda.

Il Dop'iansa. Al momento gli edifici 1, 3 e 13 non esistono

Il Dop’iansa. Al momento gli edifici 1, 3 e 13 non esistono

Ingresso al monastero

Ingresso al monastero

La pagoda del Dop'iansa e una vecchia maledetta che si è infilata nella foto proprio al momento giusto

La pagoda del Dop’iansa e una vecchia maledetta che si è infilata nella foto proprio al momento giusto

La base della pagoda. Da qui quando gli va spuntano i bodhisattva aurei

La base della pagoda. Da qui quando gli va spuntano i bodhisattva aurei

Dopo le foto di rito alla pagoda abbiamo fatto una capatina all’ufficio amministrativo/negozietto e abbiamo chiesto alla signora che vi lavora:

“Dai, ci fai fare le foto alla statua??”

e lei “Ma non si può”.

“E su, guarda che occhioni ha K.Y.W.” e a queste parole, e grazie a quegli occhi, ella infine si sciolse, accordandoci il tanto agognato permesso (in realtà le abbiamo detto altre cose che per motivi di ordine pubblico non posso rivelarvi) (non è vero, le abbiamo semplicemente fatto notare che ci occupiamo di storia dell’arte buddhista e volevamo fare delle foto per motivi di studio) (apro un’ultima parentesi, così, a caso).

Quel giorno la sorte era evidentemente dalla nostra perché non solo abbiamo ottenuto senza particolare fatica il permesso per fotografare la statua (di solito è severamente proibito) ma soprattutto perché, essendo il padiglione in cui essa è normalmente esposta in fase di restauro/ricostruzione, la pregiata icona è stata temporaneamente ricollocata in un piccolo padiglione prefabbricato certo orrido, ma che ci ha permesso di avvicinarla in una maniera che sarebbe stata altrimenti impossibile, e le foto che abbiamo scattato sono lì a testimoniarlo. Peccato che non possiate vederle anche voi, ah!

Il padiglione prefabbricato

Il padiglione prefabbricato

Il nostro caro Vairocana

Il nostro caro Vairocana

Un profilo maestoso

Un profilo maestoso

Poi niente, si è fatta una certa ora, così abbiamo chiamato un tassì, siamo tornati a Ch’ŏrwŏn e da lì nuovamente a Seoul in corriera, e questo è quanto.

Un ultimo saluto!

Un ultimo saluto prima di tornare a casa!

Detta con franchezza, dubito che qualcuno di voi lettori vorrà mai avventurarsi in queste lande sperdute, ma se qualcuno non resistesse alla tentazione e non potesse proprio farne a meno, sappia che il metodo più pratico per farlo consiste nel prendere una corriera o dal Seoul Express Bus Terminal o dal Dong Seoul Bus Terminal e prima o poi si arriva (contate dalle due alle tre ore a tratta a seconda del traffico e una cifra variabile tra i 15000 e i 20000 won). E per questa volta è veramente tutto.


[1]Questa cosa la specifico perché io ho un’idea tutta mia riguardo a quest’opera, ma non è questa la sede adatta per discuterla.

Chŏngwŏl Taeborŭm

Posted in Arte, Asia Orientale, corea, Gite, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 27 febbraio 2013 by patatromb

C’è, in questo blog, un intervento del 2009 intitolato “Capodanno” il cui soggetto è il capodanno lunare, una delle principali festività coreane.

C’è, sempre in questo blog, un altro intervento, stavolta del 2012, dal titolo “Sŏllal 2012”, il cui soggetto è nuovamente il capodanno lunare, che dice praticamente le stesse cose di “Capodanno” ma che però è arricchito da alcune memorabili foto del sottoscritto.

Purtroppo per voi quest’anno, nei giorni in cui cadevano i festeggiamenti per l’inizio dell’anno del serpente, mi trovavo in Italia, ragion per cui non ho potuto riscrivere per l’ennesima volta la solita solfa sui coreani che nei giorni di festa si premono come sardine nei treni e nelle corriere per tornare a casa due giorni e bla bla bla quelle robe lì. Sarà per il prossimo Chusŏk.

 (. )( .)

Fortunatamente per voi, tuttavia, sono tornato a Seoul giusto in tempo per assistere alle celebrazioni del (Chŏngwŏl) Taeborŭm, la tradizionale festa per la prima luna piena dell’anno! Un dettaglio del Sŏllal che finora mi era sempre sfuggito è che esso coincide invariabilmente con un giorno di luna nuova: se ne evince pertanto che il Taeborŭm, in quanto giorno di luna piena, cade invariabilmente due settimane dopo il Sŏllal. Dato che il 2013 lunare ha avuto inizio il 10 febbraio, è dunque semplice calcolare che il giorno in cui si è celebrato il Taeborŭm è il 24 dello stesso mese, i.e. domenica scorsa.

Verso la festa!

Verso la festa!

 

Venuto a sapere della cosa domenica ho pertanto fatto la migliore delle cose possibili, vale a dire andare a godermi la festa presso il Namsan hanok maŭl, il villaggio folkloristico nel cuore di Seoul di cui, prometto, parlerò dettagliatamente in uno dei miei prossimi post, ed è una di quelle promesse tipo che è da un anno e mezzo che devo pubblicare l’ultima parte del mio diario di viaggio in Giappone (2011).

Alcuni coreani in attesa che inizi lo spettacolo

Alcuni coreani in attesa che inizi lo spettacolo

Bimbi e corde, per giocare!

Bimbi e corde, un’alchimia perfetta!

 

Ma insomma, cosa si è fatto in quel di Seoul per festeggiare la prima luna nuova dell’anno? Si è ballato, si è cantato, si son fatti tanti giochi divertenti, si son spaccate le noci (un must: al banchetto per spaccare i deliziosi e durissimi frutti secchi c’era una fila da far invidia al Kansong) e soprattutto, al culmine dell’evento, è stato dato fuoco a un grosso pignarul[1] affinché si portasse via tutte le robe dell’anno passato.

Gente che canta!

Gente che canta!

Gente che suona e che balla

Gente che suona e che balla

Gente che spegne pignarul

Gente che spegne pignarul

 

Ecco, in questa sede avrei voluto parlarvi diffusamente di tutte queste straordinarie attività: delle voci da usignolo delle tre cantanti di p’ansori, dei leggiadri passi di danza dei suonatori di samul nori, di come, fedelmente alla proverbiale fretta dei coreani, il pignarul è stato spento a forza dai pompieri dopo non più di sette minuti dalla sua accensione; tuttavia, nell’istante in cui il Signore degli Aquiloni si è manifestato in tutta la sua maestosa bellezza, tutto il resto ha perso di interesse, quasi svanendo dal mio campo visivo: d’altronde, Lui era di fronte a me.

Il suo elegante caschetto, le sue irresistibili natiche sode e rotonde, il suo sobrio e signorile marsupio giallo, la sua voce persuasiva e melodiosa, i suoi ineguagliabili aquiloni, il suadente fascino virile di chi, con un semplice sorriso, sa di poter ottenere tutto ciò che desidera: sono solo alcuni degli innumerevoli elementi che hanno contribuito a fare di Lui il protagonista indiscusso della giornata, ma che dico!, dell’anno intero!

Ogni altra parola a riguardo sarebbe però superflua, ‘ché il linguaggio umano non può esprimere adeguatamente la natura del Signore degli Aquiloni: per questo, dunque, lascerò che siano le immagini a parlare per me, dandovi appuntamento alla prossima volta, se mai riuscirò a riprendermi dalla Visione.

Il Signore degli Aquiloni

Il Signore degli Aquiloni

Fascino, eleganza, regalità

Fascino, eleganza, regalità

L'apice dell'umanità

L’apice dell’umanità

 

 (. )( .)

P.S. Nel frattempo, mentre ieri in Italia procedeva lo sfoglio delle schede elettorali e sui social network la gente stava a lagnarsi perché è tornato Berlusconi o a vantarsi di aver votato Grillo, in Corea del Sud si insediava finalmente il nuovo Capo dello Stato:

Mrs. President!


[1] Termine che, analogamente al “piastrare” da me menzionato molti interventi or sono, fa riferimento alle belle tradizioni del Nord-est italiano: per informazioni, cercate su google.

Capodanno+veglione=festazza!

Posted in Asia Orientale, corea, Musica, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 10 gennaio 2013 by patatromb

 

Auguri, auguri!

Forse non tutti se ne saranno accorti, ma la scorsa settimana era il primo gennaio: questo significa che era capodanno. Capodanno, a sua volta, significa veglione e veglione significa festa collettiva in piazza. Festa collettiva in piazza significa uscire di casa la sera del 31 dicembre, cercare la piazza dove la gente si raduna per divertirsi tantissimo, ballare saltare e cantare perché lo fanno tutti, alla mezzanotte meno 30 secondi dare il via a un fragoroso conto alla rovescia collettivo terminato il quale tutti si vogliono più bene di prima perché è iniziato l’anno nuovo e, infine, ripigliare a ballare saltare cantare finché ce n’è.

 

Se si va in centro a Seoul e si esce dalla fermata Chonggak della metro, ci si trova davanti al Posin’gak (普信閣). Chonggak significa “Padiglione della campana” e il Posin’gak è, guarda caso, un padiglione con una campana dentro[1].

Ma mica una campana qualsiasi, ‘ché – seppur con varie denominazioni e varie sedi nel corso dei secoli- in città c’è sempre stata, a partire quantomeno dal 1398, una campana la cui funzione originaria era quella di segnalare, al mattino, l’apertura delle porte della città e, alla sera, la loro chiusura; e appunto il Posin’gak sarebbe il padiglione che protegge questa storica campana, anche se a dirla tutta l’edificio attuale risale al 1979 mentre la campana al suo interno è stata forgiata nel 1985, quando quella storica del 1468[2] venne trasferita al Museo Nazionale.

Vista la dubbia utilità, nel XX secolo, di una campana suonata per segnalare l’apertura delle porte della città, peraltro non più in funzione, a partire dagli anni ’80 il Posin’gak è stato reinventato, tramite un interessante processo di “creazione di tradizione”, come monumento simbolo del Capodanno, con la sua campana che viene suonata trentatré volte allo scoccare della mezzanotte del primo gennaio per segnalare l’inizio dell’anno nuovo.

 

Quest’anno mi sono visto mio malgrado impossibilitato a festeggiare il capodanno nell’affascinante e vivace cornice di Piazza Vittoria a Gorizia e, dato che mi trovavo a Seoul, la mia scelta per il veglione è naturalmente caduta sul Posin’gak, dove ogni anno si radunano, pressate come salami, centinaia di miliardi di persone. Ed è solo per voi, miei amati lettori, che ho filmato il momento in cui, a Seoul, fu 2013!

 

L’affascinante Piazza Vittoria, vanto di Gorizia

 

I più attenti di voi avranno forse notato che nessuno ha stappato non dico del costoso spumante, ma neanche mezza bottiglia di birra Cass. In effetti una delle peculiarità del capodanno coreano è che, malgrado il paese sia il più alcolizzato che ci sia, non si brinda allo scoccare dell’anno nuovo. In compenso era pieno di scemi che, anziché festeggiare come si deve, hanno passato il loro tempo a fare filmini col cellulare: io, modestamente, sono uno di loro!

 

Ma, vi starete chiedendo,  il programma della serata in cosa consisteva? Essenzialmente in musica, tantissima musica! Vediamo un po’ chi si è esibito allietando e scaldando i nostri cuori congelati da temperature siberiane.

1- I diversi: l’onore di dare il via alle danze, alle 23 e 30, è toccato ai “Nonmiricordocomesichiamano”, un gruppo di cantanti “multiculturali”, vale a dire sette (?) stranieri (sei asiatiche e un russo) vestiti di bianco, raccolti non so bene dove e che hanno cantato con inspiegabile entusiasmo canzoni brutte in varie lingue: la prima e l’ultima canzone però erano in coreano, un po’ per rassicurare il pubblico, un po’ per dimostrare che sarà il coreano a unire il mondo intiero in un abbraccio di pace fraterna, e così sia![3]

2- I giovani: la “Big band dei ragazzini delle medie” (o qualcosa del genere), appunto dei ragazzini delle medie che suonavano gli strumenti a fiato.

3- I giovanissimi: il momento del “che carino”, ossia due bambini dell’asilo, un maschietto e una femminuccia, che hanno cantato un brano commovente.

 

L’intervallo – Dopo questa giovanissima, pregevole esibizione è arrivata la mezzanotte e, con essa, è toccato ai 33 rintocchi della campana. Non si sono però sentiti, erano coperti dal rumore proveniente dai megaschermi ai lati del padiglione, sui quali sono stati proiettati vari filmati di gente comune che faceva gli auguri di felice 2013. Finiti i rintocchi è ricominciata la musica, e che musica!

 

4- I vecchi: la big band dei sassofonisti ultrasessantenni, per fare da contraltare giovani e giovanissimi. Tra le altre cose ci hanno suonato “Rivers of Babylon”. Durante la loro esibizione la maggior parte delle persone se ne sono tornate a casa.

5- Il cantante di pop-opera: il tipico tenore basso, tarchiato, colla barba, ci ha deliziato con brani originalissimi (O sole mio, Nessun dorma e un brano inglese che non ho riconosciuto.)

6- La cantante famosa: i pochi sopravvissuti al tenore hanno assistito al pezzo forte della serata, la performance della celebre cantante In Suni (è così famosa che c’è persino una pagina della wikipedia italiana a lei dedicata!) Per strizzare l’occhio al pubblico giovane, l’attempata signora si è esibita, tra le varie cose, in un indimenticabile duetto rap con dei giovani rapper bellissimi™ sulla cui identità non posso esprimermi.

7- In gran finale, tutti assieme appassionatamente: dove tutti i maggiorenni esibitisi nel corso della serata sono saliti sul palco per cantare una versione modernizzata dell’Arirang.

All’una e mezza è tutto finito, io per fuggire al congelamento (ultimamente la temperatura media notturna a Seoul si aggira attorno ai -10°C) mi son magnato un panino al Lotteria e poi tutti a nanna!

 

Ah, dimenticavo: i notiziari e i quotidiani italiani raccontano ogni anno che ovunque nel mondo è brindisi e fuochi d’artificio. Per il brindisi abbiamo già visto, ma per i fuochi d’artificio?

 

 

P.S.: si dice che ovunque tu sia, a capodanno ti imbatterai sicuramente in degli italiani. È assolutamente vero. Quelli in cui mi sono imbattuto io li ho riconosciuti perché, nel momento del “che carino”, hanno effettivamente esclamato “che carino!”.


[1] Caro lettore fedele di questo blog, no: il “posin” del nome non è lo stesso “posin” della buona zuppa di carne di cane, i caratteri cinesi con cui le due parole sono scritte sono diversi, così come diverso è il loro significato.

[2] A sua volta creata in sostituzione di quella originale del 1398, andata fusa a causa di un incendio.

[3] Una volta ho assistito a una conferenza dove qualcuno è riuscito a proporre, con tono serio e convinto, di adottare il coreano come lingua internazionale all’ONU a posto dell’inglese e di altre lingue troppo difficili da imparare.