Archivio per Veglione

2013 fuori dalle scatole + bontà coreane (special edition)

Posted in Asia Orientale, corea, Delizie coreane, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 31 dicembre 2013 by patatromb

E così, finalmente, anche questo 2013 se ne è andato! Quali sono i vostri sentimenti a riguardo, cari lettori? Siete tristi? Felici? No comment?

Per quanto mi riguarda, non vedevo l’ora di togliermelo dalle scatole, quest’anno disastroso[1]! Anzi, visto che tra una mezz’oretta al massimo parto per andare a festeggiarne come si deve la conclusione, sarebbe anche meglio se mi muovessi a prepararmi! E voi che farete stasera? Cosa? Non avete ancora un programma? Tutti i ristoranti dove avete provato a prenotare erano già pieni? Nessun menù vi convinceva? Uhm…

Beh, se vi trovate dalle parti di Seoul, ce l’ho io la soluzione per voi! Perché non provare con un bel vino set e un delizioso piatto di anti bue con rucola, la nuova frontiera della cucina italo-coreana? Se siete interessati, contattatemi, magari ci andiamo assieme!

antibue

Anti bue con rucola, il vero piatto alternativo del capodanno 2014!

E mo’ vado davvero che è tardi! Buon anno nuovo, olè!


[1]Questo nonostante sia riuscito a recuperare nella sua interezza (5 voll.) il più bel romanzo giapponese di sempre, e posso dirlo pur non avendone finora letto che un decimo. Ma di questo parleremo in futuro, che ora non c’è tempo!

Capodanno+veglione=festazza!

Posted in Asia Orientale, corea, Musica, Pubblica utilità with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 10 gennaio 2013 by patatromb

 

Auguri, auguri!

Forse non tutti se ne saranno accorti, ma la scorsa settimana era il primo gennaio: questo significa che era capodanno. Capodanno, a sua volta, significa veglione e veglione significa festa collettiva in piazza. Festa collettiva in piazza significa uscire di casa la sera del 31 dicembre, cercare la piazza dove la gente si raduna per divertirsi tantissimo, ballare saltare e cantare perché lo fanno tutti, alla mezzanotte meno 30 secondi dare il via a un fragoroso conto alla rovescia collettivo terminato il quale tutti si vogliono più bene di prima perché è iniziato l’anno nuovo e, infine, ripigliare a ballare saltare cantare finché ce n’è.

 

Se si va in centro a Seoul e si esce dalla fermata Chonggak della metro, ci si trova davanti al Posin’gak (普信閣). Chonggak significa “Padiglione della campana” e il Posin’gak è, guarda caso, un padiglione con una campana dentro[1].

Ma mica una campana qualsiasi, ‘ché – seppur con varie denominazioni e varie sedi nel corso dei secoli- in città c’è sempre stata, a partire quantomeno dal 1398, una campana la cui funzione originaria era quella di segnalare, al mattino, l’apertura delle porte della città e, alla sera, la loro chiusura; e appunto il Posin’gak sarebbe il padiglione che protegge questa storica campana, anche se a dirla tutta l’edificio attuale risale al 1979 mentre la campana al suo interno è stata forgiata nel 1985, quando quella storica del 1468[2] venne trasferita al Museo Nazionale.

Vista la dubbia utilità, nel XX secolo, di una campana suonata per segnalare l’apertura delle porte della città, peraltro non più in funzione, a partire dagli anni ’80 il Posin’gak è stato reinventato, tramite un interessante processo di “creazione di tradizione”, come monumento simbolo del Capodanno, con la sua campana che viene suonata trentatré volte allo scoccare della mezzanotte del primo gennaio per segnalare l’inizio dell’anno nuovo.

 

Quest’anno mi sono visto mio malgrado impossibilitato a festeggiare il capodanno nell’affascinante e vivace cornice di Piazza Vittoria a Gorizia e, dato che mi trovavo a Seoul, la mia scelta per il veglione è naturalmente caduta sul Posin’gak, dove ogni anno si radunano, pressate come salami, centinaia di miliardi di persone. Ed è solo per voi, miei amati lettori, che ho filmato il momento in cui, a Seoul, fu 2013!

 

L’affascinante Piazza Vittoria, vanto di Gorizia

 

I più attenti di voi avranno forse notato che nessuno ha stappato non dico del costoso spumante, ma neanche mezza bottiglia di birra Cass. In effetti una delle peculiarità del capodanno coreano è che, malgrado il paese sia il più alcolizzato che ci sia, non si brinda allo scoccare dell’anno nuovo. In compenso era pieno di scemi che, anziché festeggiare come si deve, hanno passato il loro tempo a fare filmini col cellulare: io, modestamente, sono uno di loro!

 

Ma, vi starete chiedendo,  il programma della serata in cosa consisteva? Essenzialmente in musica, tantissima musica! Vediamo un po’ chi si è esibito allietando e scaldando i nostri cuori congelati da temperature siberiane.

1- I diversi: l’onore di dare il via alle danze, alle 23 e 30, è toccato ai “Nonmiricordocomesichiamano”, un gruppo di cantanti “multiculturali”, vale a dire sette (?) stranieri (sei asiatiche e un russo) vestiti di bianco, raccolti non so bene dove e che hanno cantato con inspiegabile entusiasmo canzoni brutte in varie lingue: la prima e l’ultima canzone però erano in coreano, un po’ per rassicurare il pubblico, un po’ per dimostrare che sarà il coreano a unire il mondo intiero in un abbraccio di pace fraterna, e così sia![3]

2- I giovani: la “Big band dei ragazzini delle medie” (o qualcosa del genere), appunto dei ragazzini delle medie che suonavano gli strumenti a fiato.

3- I giovanissimi: il momento del “che carino”, ossia due bambini dell’asilo, un maschietto e una femminuccia, che hanno cantato un brano commovente.

 

L’intervallo – Dopo questa giovanissima, pregevole esibizione è arrivata la mezzanotte e, con essa, è toccato ai 33 rintocchi della campana. Non si sono però sentiti, erano coperti dal rumore proveniente dai megaschermi ai lati del padiglione, sui quali sono stati proiettati vari filmati di gente comune che faceva gli auguri di felice 2013. Finiti i rintocchi è ricominciata la musica, e che musica!

 

4- I vecchi: la big band dei sassofonisti ultrasessantenni, per fare da contraltare giovani e giovanissimi. Tra le altre cose ci hanno suonato “Rivers of Babylon”. Durante la loro esibizione la maggior parte delle persone se ne sono tornate a casa.

5- Il cantante di pop-opera: il tipico tenore basso, tarchiato, colla barba, ci ha deliziato con brani originalissimi (O sole mio, Nessun dorma e un brano inglese che non ho riconosciuto.)

6- La cantante famosa: i pochi sopravvissuti al tenore hanno assistito al pezzo forte della serata, la performance della celebre cantante In Suni (è così famosa che c’è persino una pagina della wikipedia italiana a lei dedicata!) Per strizzare l’occhio al pubblico giovane, l’attempata signora si è esibita, tra le varie cose, in un indimenticabile duetto rap con dei giovani rapper bellissimi™ sulla cui identità non posso esprimermi.

7- In gran finale, tutti assieme appassionatamente: dove tutti i maggiorenni esibitisi nel corso della serata sono saliti sul palco per cantare una versione modernizzata dell’Arirang.

All’una e mezza è tutto finito, io per fuggire al congelamento (ultimamente la temperatura media notturna a Seoul si aggira attorno ai -10°C) mi son magnato un panino al Lotteria e poi tutti a nanna!

 

Ah, dimenticavo: i notiziari e i quotidiani italiani raccontano ogni anno che ovunque nel mondo è brindisi e fuochi d’artificio. Per il brindisi abbiamo già visto, ma per i fuochi d’artificio?

 

 

P.S.: si dice che ovunque tu sia, a capodanno ti imbatterai sicuramente in degli italiani. È assolutamente vero. Quelli in cui mi sono imbattuto io li ho riconosciuti perché, nel momento del “che carino”, hanno effettivamente esclamato “che carino!”.


[1] Caro lettore fedele di questo blog, no: il “posin” del nome non è lo stesso “posin” della buona zuppa di carne di cane, i caratteri cinesi con cui le due parole sono scritte sono diversi, così come diverso è il loro significato.

[2] A sua volta creata in sostituzione di quella originale del 1398, andata fusa a causa di un incendio.

[3] Una volta ho assistito a una conferenza dove qualcuno è riuscito a proporre, con tono serio e convinto, di adottare il coreano come lingua internazionale all’ONU a posto dell’inglese e di altre lingue troppo difficili da imparare.